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Fantastici 4: Gli inizi, la Prima famiglia Marvel contro Silver Surfer nel trailer ufficiale 6:32 AM (13 minutes ago)

Il momento che i fan Marvel attendevano da mesi è finalmente arrivato: i Marvel Studios hanno rilasciato il primo trailer ufficiale di Fantastici 4: Gli inizi (The Fantastic Four: First Steps), nuovo capitolo cinematografico dedicato alla celebre squadra di supereroi. Il film segnerà il debutto dei Fantastici Quattro nel Marvel Cinematic Universe, ma lo farà in una maniera del tutto inedita, catapultando lo spettatore in un universo alternativo ambientato negli anni ’60.

Il trailer, dal forte impatto visivo, introduce i quattro protagonisti già trasformati a seguito dell’incidente spaziale che ha donato loro i superpoteri: Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/La Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn) e Ben Grimm/La Cosa (Ebon Moss-Bachrach). Le prime sequenze mostrano il gruppo alle prese con la loro nuova condizione, tra notorietà crescente e il tentativo di rimanere uniti come famiglia.

Il trailer di Fantastici 4: Gli inizi

Queste nuove immagini svelano anche il debutto di Julia Garner nei panni di una versione alternativa di Silver Surfer, Shalla-Bal, delineando sin da ora una trama epica e dalle forti tinte emozionali. Il precedente teaser aveva invece offerto un primo sguardo a Galactus, iconico villain cosmico, che nel film avrà il volto (e la voce) di Ralph Ineson.

Alla regia del progetto troviamo Matt Shakman, già acclamato per WandaVision, mentre la sceneggiatura è firmata da un team di autori che include Josh Friedman, Cameron Squires, Eric Pearson e Peter Cameron. Tra i produttori figurano Kevin Feige, Grant Curtis e Nick Pepin, e la colonna sonora sarà affidata al premio Oscar Michael Giacchino.

Un altro elemento distintivo di Fantastici 4: Gli inizi è la sua ambientazione: la storia non si svolgerà infatti nella “Sacra Linea Temporale” del MCU (Terra-616), ma in una realtà parallela altamente tecnologica, dove la New York degli anni ’60 assume un aspetto retrofuturista. Non mancheranno, secondo indiscrezioni, cameo sorprendenti e connessioni inaspettate con l’universo Marvel principale.

Il film arriverà nelle sale italiane il 23 luglio 2025, ma questo nuovo trailer è già riuscito a riaccendere l’entusiasmo dei fan, promettendo un mix di azione, emozione e spettacolo visivo degno del rilancio di una delle squadre più amate della Marvel.

Leggi anche: Fantastici Quattro, una delle domande più discusse dai fan ha finalmente trovato risposta

Fonte: Marvel Studios

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Fantastici 4: Gli inizi – Il trailer ufficiale 6:17 AM (28 minutes ago)

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«La più imprevedibile degli anni 2000»: Stephen King ha perso la testa per questa serie tv sopra le righe 5:31 AM (last hour)

Collage Stephen King Prison Break

Quando si parla di storie di evasione, la mente corre subito a Il conte di Montecristo o al più moderno Le ali della libertà — film tratto dalla novella Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank di Stephen King. Non è un caso che proprio quest’ultimo, autore celebre per i suoi horror ma anche per la sua capacità di raccontare l’umanità in condizioni estreme, abbia un debole per le trame ambientate in carcere. E proprio da questo interesse nasce il suo amore dichiarato per una serie molto diversa, ma altrettanto avvincente: Prison Break.

Nel 2008, King ha dedicato un intero editoriale sulle pagine di Entertainment Weekly alla serie della Fox, che ha debuttato nel 2005. Lo scrittore ha elogiato senza mezzi termini l’adrenalina pura offerta dalla serie: «Amo Prison Break follemente, profondamente, sinceramente», scrisse. Ciò che lo ha conquistato, più della plausibilità, è stata l’unione di montaggio serrato e azione esagerata — caratteristiche che rendono lo show irresistibilmente coinvolgente, almeno nelle prime stagioni. Tuttavia, King ha anche ironicamente messo in guardia i lettori: seguire la serie tutta d’un fiato può causare “l’esplosione del cervello” per l’intricata e spesso assurda evoluzione della trama.

Prison Break parte con un’idea semplice ma potente: Michael Scofield (interpretato da Wentworth Miller), un brillante ingegnere strutturale, si fa arrestare di proposito per salvare il fratello Lincoln Burrows (Dominic Purcell), condannato a morte per un crimine che non ha commesso. La posta in gioco è altissima: Lincoln è accusato di aver ucciso il fratello della vicepresidente degli Stati Uniti, un omicidio dietro il quale si nasconde una cospirazione governativa.

Il fascino della prima stagione sta tutto nell’equilibrio perfetto tra tensione narrativa e trovate spettacolari: Scofield ha tatuato sul corpo l’intero piano di fuga, mascherato da disegno tribale, e riesce a mettere insieme una squadra di detenuti in grado di aiutarlo. Il risultato è una corsa contro il tempo ricca di colpi di scena, tradimenti e imprevisti, in cui ogni episodio finisce con un cliffhanger che incolla lo spettatore allo schermo.

Se la prima stagione ha il pregio di essere compatta e coerente (nei suoi eccessi), già dalla seconda si avverte una perdita di direzione. I protagonisti, ormai fuori dal carcere, si trovano coinvolti in nuove fughe e in una guerra contro l’onnipresente “Compagnia”, una misteriosa organizzazione che controlla tutto. La terza stagione tenta un ritorno alle origini, ambientando la vicenda in una nuova prigione in Panama, ma non riesce a replicare la freschezza degli esordi.

La quarta stagione ha però segnato il punto più basso dell’intera produzione: la narrazione si fa caotica, piena di intrecci forzati e ritorni improbabili. L’azione lascia spazio a un complesso (e confusionario) thriller cospirativo che smarrisce del tutto l’identità della serie. E anche se la quinta stagione ha provato a rilanciare la saga anni dopo, il risultato è stato deludente: resurrezioni improvvise, missioni assurde e protagonisti ormai svuotati di credibilità.

Che Stephen King abbia speso parole tanto entusiaste per una serie così altalenante è curioso, ma anche indicativo. In fondo, Prison Break incarna quel tipo di fiction americana che non ha paura di esagerare, che punta dritta all’intrattenimento e riesce, almeno per un po’, a sospendere l’incredulità dello spettatore. Una qualità che King, da narratore di mondi impossibili, ha sicuramente apprezzato.

Nonostante il progressivo declino qualitativo nelle stagioni successive, Prison Break rimane uno dei fenomeni televisivi più rappresentativi degli anni 2000. Ha lasciato un segno nella cultura pop e ha dimostrato come anche una serie non perfetta possa diventare un cult — soprattutto se riesce a conquistare l’immaginario collettivo, e magari anche quello di uno scrittore leggendario.

Leggi anche: «Un capolavoro distopico»: Stephen King non riesce a smettere di consigliare questa serie tv del 2018

Foto: Marc Andrew Deley/Getty Images

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Ma chi sono oggi i “Maschi Veri”? Lo racconta la nuova serie Netflix in uscita: ecco il trailer 4:24 AM (2 hours ago)

maschi veri trailer

Tra i temi più dibattuti in questi ultimi anni, ci sono senza dubbio i nuovi ruoli di uomini e donne all’interno della società. I tempi sono cambiati e ciò che prima sembrava una granitica certezza ora in molti casi risulta essere solo un anacronismo stereotipo. Come ad esempio quello su cosa voglia dire essere un “vero uomo”. A porsi la domanda, in chiave ironica, è la nuova serie Netflix in uscita: Maschi Veri.

Al centro della serie, composta da 8 episodi e prodotta da Matteo Rovere con Groenlandia, ci sono quattro “maschi veri”: Mattia (Maurizio Lastrico), Massimo (Matteo Martari), Riccardo (Francesco Montanari) e Luigi (Pietro Sermonti), quattro amici sulla quarantina che, in un mondo che prova a cambiare verso la parità sociale e di genere, si ritrovano, loro malgrado, ad affrontare i propri pregiudizi e le conseguenze inaspettate che derivano dal doversi mettere in discussione. Da sempre legati al loro status di maschi alfa, i quattro amici dovranno improvvisamente riscoprire il loro posto nella società e nelle dinamiche di coppia, senza perdere, nel frattempo, loro stessi. Di seguito, potete vedere il trailer ufficiale.

Il trailer ufficiale di Maschi Veri

 

Come si capisce dal trailer, la messa in discussione dello status dà il via ad una serie di situazioni esilaranti e in alcuni casi bollenti: emerge il tema del maschilismo tossico, così come quello della libertà sessuale femminile che ha contribuito, dopo decenni di battaglie sociali che vengono ancora portate avanti, a ridefinire gli stereotipi di genere legati anche alla sfera sessuale.

Come Gigolò per caso di Prime Video (che per curiosità aveva per protagonista lo stesso Pietro Sermonti) è la commedia da segnare in calendario per un po’ di risate “di genere”. Scritta da Furio Andreotti, Giulia Calenda e Ugo Ripamonti e diretta da Matteo Oleotto e Letizia Lamartire, nel cast ci sono anche anche Thony, Sarah Felberbaum, Laura Adriani, Alice Lupparelli, con Corrado Fortuna e Nicole Grimaudo.

Maschi Veri è disponibile solo su Netflix a partire dal 21 maggio 2025.

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Maschi Veri – Il trailer ufficiale 4:19 AM (2 hours ago)

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Questo assurdo film di 9 anni fa è considerato uno dei più repellenti di sempre 1:57 AM (4 hours ago)

the greasy strangler è un film assurdo e repellente

C’è un film che, sin dal suo debutto nel 2016, ha scioccato, disgustato e – come spesso capita in questi casi – conquistato un manipolo sempre più agguerrito di fan. Si intitola The Greasy Strangler, e non è un horror nel senso classico del termine, ma un delirio grottesco che mescola umorismo surreale, immagini volutamente ripugnanti e una messa in scena così kitsch da sembrare un incubo prodotto negli anni ’80.

A nove anni dall’uscita, The Greasy Strangler è diventato un film di culto: il tipico titolo che non consiglieresti mai a cuor leggero, ma che ha un fascino magnetico proprio per quanto è disturbante. Un’esperienza estrema che ha spaccato pubblico e critica, tra chi lo ha bollato come “immondizia insostenibile” e chi lo considera una brillante provocazione sul cattivo gusto.

Il film è diretto da Jim Hosking e prodotto da Elijah Wood (sì, proprio lui!), grande appassionato di cinema underground che a breve vedremo infatti anche nel remake di The Toxic Avenger. Racconta la storia di Big Ronnie e di suo figlio Big Brayden, due squallidi personaggi che vivono insieme e organizzano tour turistici ispirati alla disco music. La convivenza si fa tesa quando entrambi si innamorano della stessa donna, ma il vero problema è che Ronnie di notte si trasforma nel misterioso “Strangolatore Untuoso”, un maniaco coperto di grasso che uccide le sue vittime strangolandole a mani nude.

Nel film in questione c’è grasso, in quantità industriali, nei piatti, sui corpi, ovunque. The Greasy Strangler è un altro di quei film che non è pensato per piacere ma per mettere alla prova la resistenza dello spettatore. Dialoghi ripetitivi, nudità scomode (protesi genitali esagerate incluse), effetti sonori molesti e scene di una bruttezza studiata al millimetro: tutto è progettato per far idere e vomitare nello stesso momento.

Sotto questo strato di lardo narrativo, c’è però una certa certa coerenza. Il film è una satira iperbolica del cinema indipendente che prende in giro le convenzioni di forma e contenuto, trasformando l’abiezione in linguaggio espressivo. E nel suo nonsense, nasconde perfino momenti teneri, relazioni tossiche raccontate con parodia grottesca, e un’estetica low-fi che ricorda quella del primo Harmony Korine.

Se siete fan dei film “così brutti da essere geniali”, The Greasy Strangler è un rito di passaggio. Un trip lisergico dove il disgusto diventa forma d’arte e il cattivo gusto una dichiarazione d’intenti. Insomma: non è per tutti, ma sicuramente da scoprire.

Leggi anche: Questo assurdo film cambia ogni volta che lo si guarda… e potrebbe non finire mai

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Biancaneve, un Paese ha messo al bando il remake del classico Disney 1:27 AM (5 hours ago)

biancaneve bandito per colpa di gal gadot

Problemi per Biancaneve, ma non riguardano le divisive reazioni di critica e pubblico al remake del Classico Disney. Sebbene in Italia sia già arrivato nelle sale ormai quasi un mese fa, ci sono Paesi del mondo che ancora attendono di vederlo… e uno nel quale invece non uscirà mai.

Stando a quanto riportato dalle fonti estere, Biancaneve è stato infatti bandito dal Libano, Paese che non è storicamente noto per una severa censura come invece l’Arabia Saudita e altri territori limitrofi. A spingere per la decisione è stata la presenza di Gal Gadot nel cast, nei panni della Regina Cattiva opposta a Rachel Zegler in quelli della principessa Disney.

Come noto, l’attrice israeliana ha servito nelle Israel Defense Forces e si è esposta più volte in favore del suo Paese, anche dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 che ha dato il via ad una nuova guerra israelo-palestinese. A decidere per il divieto di uscita del film è stato il Ministro degli Interni libanese Ahmad Al-Hajjar, come parte delle azioni volte a boicottare qualsiasi prodotto che possa essere affiliato con Israele.

Un rappresentante della Italia Films, distribuzione con base a Beirut che gestisce l’uscita nella regione dei film Disney, ha specificato a Variety che non è il primo film con Gal Gadot a non essere uscito al cinema in Libano. Due mesi fa, le autorità locali hanno preso simili provvedimenti anche nei confronti di Captain America: Brave New World, vietato a causa della presenza dell’attrice israeliana Shira Haas.

Per il momento, il Libano risulta essere l’unico Paese ad aver preso tale presa di posizione nei confronti di Biancaneve. Rumor su una messa al bando in Kuwait sono stati infatti smentiti dalla stessa distributrice locale. In Italia Biancaneve è stato rilasciato il 20 marzo 2025 e ha finora incassato quasi 7 milioni di euro al botteghino.

Fonte: Variety

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Michelle Trachtenberg, svelata la causa di morte dell’attrice di Buffy 12:07 AM (6 hours ago)

svelata la causa di morte di michelle trachtenberg di buffy

Ci sono voluti quasi due mesi, ma finalmente è emersa la verità sulla morte di Michelle Trachtenberg, l’attrice di Buffy l’Ammazzavampiri scomparsa a fine febbraio a soli 39 anni. Sin dal primo momento, data la giovane età, in rete c’è subito chi ha speculato sul suo decesso – overdose, suicidio… ne sono state dette di tutte nelle ore successive alla diffusione della notizia – ma a quanto pare è stato dovuto a cause naturali.

Il New York City Office of Chief Medical Examiner ha condiviso i risultati delle analisi tossicologiche ed è emerso che a risultarle fatali sono state alcune complicazioni dovute al diabete mellito, malattia metabolica cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue. La famiglia ha rifiutato l’autopsia completa sul corpo e la polizia di New York aveva subito escluso cause violente o criminali. Michelle Trachtenberg è stata trovata incosciente nel suo appartamento di Manhattan la mattina del 26 febbraio 2025.

Dopo la tragedia, alcune fonti vicino all’attrice hanno confermato che nell’ultimo periodo la 39enne non stesse affatto bene: «Era davvero, davvero malata e aperta con chi le era vicino su cosa le stesse succedendo – riporta People – Era pallida, smunta, molto magra e alle prese con problemi di salute».

La notizia è stata un duro e improvviso colpo per i fan della serie Buffy, dove ha interpretato Dawn Summers a partire dalla quinta stagione. L’esperienza su quel set non è stata però interamente positiva: tra gli aneddoti emersi sul comportamento scorretto e tossico di Joss Whedon, infatti, c’è anche il dettaglio relativo al fatto che «C’era una regola: Whedon non poteva stare da solo in una stanza con me», come raccontato dalla stessa Michelle Trachtenberg (al tempo 15enne) dopo le prime accuse mosse contro il regista da Charisma Carpenter.

Foto: Christopher Polk / Getty Images / MovieStillsDB

Fonte: People

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Solo i veri fan di Harry Potter hanno notato questo dettaglio segreto di Voldemort 16 Apr 11:14 PM (7 hours ago)

un dettaglio su voldemort in harry potter

Uno degli elementi più amati dell’universo di Harry Potter è la sua incredibile ricchezza di dettagli, che ha reso il Mondo Magico tanto credibile quanto affascinante. Dalle stanze di Hogwarts agli incantesimi, dai costumi ai piccoli oggetti di scena, tutto nei film è pensato per rafforzare la caratterizzazione dei personaggi e la coerenza dell’ambientazione. Tra tutti questi dettagli ce n’è uno che riguarda Lord Voldemort e che è stato voluto proprio dal suo interprete, passato quasi inosservato alla maggior parte degli spettatori ma non ai fan più attenti.

A partire da Il Calice di Fuoco, il grande nemico di Harry Potter è stato interpretato da Ralph Fiennes, attore che ha dato al personaggio una presenza scenica potente e inquietante. L’attore – che ha già incoronato il suo successore per la serie tv HBO – non si è limitato a recitare il ruolo, ma ha collaborato attivamente alla costruzione dell’identità visiva del Mago Oscuro, aggiungendo un tocco personale proprio alla sua bacchetta. A differenza delle altre, quella di Voldemort è bianca, sottile, e soprattutto… ha un gancio all’estremità. Una scelta tutt’altro che casuale.

Lo stesso Fiennes ha raccontato in un’intervista di aver discusso il design della bacchetta con Stuart Craig, production designer della saga: «Ha un uncino alla fine, così posso tenerla in mano e agganciarla a un dito. È come se avessi la mano quasi aperta… penseresti che mi cadrebbe. Ma mi piaceva che fosse così leggera» ha raccontato l’attore, ma non è certo tra i passaggi più citati delle sue interviste relative alla sua esperienza nel franchise di Harry Potter.

Questa scelta ha una valenza estetica e funzionale: il gancio consente a Voldemort di impugnare la bacchetta in modo non convenzionale, con la mano semi-aperta, e di muoversi con maggiore fluidità. Il risultato è una gestualità più flessuosa, serpentina, perfettamente coerente con l’identità del personaggio. Non è un caso che Voldemort venga spesso associato ai serpenti: parla il serpentese, è l’erede di Serpeverde, e ha come fedele compagna Nagini. Anche il suo aspetto, progressivamente più rettiliano, riflette la sua disumanizzazione a causa delle arti oscure.

In questo senso, la bacchetta diventa quasi un’estensione fisica e simbolica del personaggio, parte integrante della sua trasformazione da Tom Riddle a Voldemort. E proprio il fatto che possa agganciarsi alla mano in quel modo rafforza quell’impressione di leggerezza e scivolosità che rende il personaggio tanto inquietante. È un dettaglio minuscolo, facilmente trascurabile, ma che dimostra la cura con cui sono stati pensati i film della saga. La serie saprà riprodurli diversamente, senza però perderne la magia? È quello che i fan si augurano…

Leggi anche: Harry Potter, c’è una scena del secondo film che nessuno ricorda

Foto: Warner Bros.

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L’attrice premio Oscar per Anora ha rifiutato il nuovo film di Star Wars 16 Apr 10:48 PM (7 hours ago)

mikey madison di anora ha rifiutato star wars

Questa non è l’attrice che state cercando. Non sappiamo se Mikey Madison abbia usato o meno la Forza per dissuadere chi le ha proposto di unirsi al prossimo film di Star Wars, ma stando a quanto riportato la star di Anora ha rifiutato l’offerta.

Variety riferisce di aver saputo che dalle parti della LucasFilm avevano pensato proprio all’attrice rivelazione del 2024 per affiancare niente meno che Ryan Gosling nell’ancora misterioso film diretto da Shawn Levy, reduce dal successo di Deadpool & Wolverine. Tuttavia, le conversazioni sarebbero terminate con un “no” da parte di Mikey Madison.

Non viene rivelato il motivo della scelta o se questa sia definitiva, ma l’accoppiata da sogno con l’attrice che ha “strappato” il premio Oscar a Demi Moore a quanto pare non si vedrà – quantomeno per questo progetto. Il film di Star Wars in questione sarà scritto da Jonathan Tropper (The Adam Project) e come riportato alcuni mesi fa il protagonista dovrebbe proprio essere il volto di La La Land e Blade Runner 2049, Ryan Gosling.

I lavori sono in corso dal 2022, ma procedono a rilento. Dovrebbe trattarsi di uno standalone non connesso alla saga degli Skywalker, ma nessun dettaglio è stato rivelato. I fan della saga possono quindi solo aspettare l’uscita di The Mandalorian & Grogu e attendere di scoprire qualcosa di più sia su questo film che su quello che dovrebbe segnare il ritorno di Daisy Ridley nel ruolo di Rey Skywalker.

Leggi anche: Star Wars in ordine cronologico: come vedere i film e le serie TV della saga

Fonte: Variety

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Grey’s Anatomy, non ci sono dubbi: quel dottore ha superato ogni limite con l’intervento più controverso della serie 16 Apr 1:24 PM (17 hours ago)

Meredith Grey in Grey's Anatomy

Grey’s Anatomy ha sempre messo in scena il lato eroico e drammatico della medicina, alternando operazioni ad alto rischio a momenti carichi di emotività. Ma nel cuore pulsante del Grey Sloan Memorial Hospital – spesso considerato un centro d’eccellenza in ambito sanitario – si nascondono errori gravi, decisioni eticamente discutibili e, talvolta, azioni che avrebbero potuto (e forse dovuto) portare a provvedimenti disciplinari. Perché anche i migliori chirurghi sbagliano, e non sempre ne pagano le conseguenze.

Uno degli episodi più emblematici in questo senso riguarda Miranda Bailey, uno dei personaggi più rispettati e moralmente integri della serie. Nella decima stagione, durante l’episodio We Are Never Getting Back Together, la dottoressa è alle prese con il caso disperato di un bambino affetto da una grave immunodeficienza. Dopo aver vagliato diverse opzioni, Bailey decide di tentare una strada non convenzionale: utilizzare un ceppo disattivato del virus HIV per stimolare la produzione di cellule T nel giovane paziente.

Il trattamento, estremamente sperimentale, non viene approvato dai genitori del bambino, che si dichiarano contrari alla procedura. Nonostante ciò, Bailey sceglie comunque di somministrare la terapia di nascosto, certa della sua efficacia. E, contro ogni aspettativa, il trattamento funziona.

Ma il punto non è solo il risultato positivo. Il vero problema è il metodo: Bailey ha agito contro il volere dei genitori, violando gravemente il principio del consenso informato. In qualunque altro contesto clinico, una decisione simile avrebbe portato quantomeno a una sospensione, se non a un licenziamento. Eppure, come spesso accade a Grey Sloan, la sua azione viene liquidata senza gravi conseguenze, e il tutto si risolve con un colpo di scena salvifico.

Questo episodio mette in discussione l’idea, fin troppo radicata nella serie, che i fini giustifichino i mezzi. Bailey, da sempre modello di rigore e professionalità, supera una soglia delicatissima. E il fatto che tutto venga quasi dimenticato nei successivi sviluppi narrativi solleva una domanda tanto semplice quanto scomoda: fino a che punto è accettabile violare le regole, anche in nome della salvezza di un paziente?

Leggi anche: Non riuscirete a riprendervi dall’episodio più triste di Grey’s Anatomy dopo aver notato questo dettaglio nascosto

Fonte: CBR

 

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The Vampire Diaries, la straziante uscita di scena di QUEL personaggio ha lasciato un vuoto impossibile da colmare 16 Apr 12:21 PM (18 hours ago)

The Vampire Diaries

In un universo narrativo dominato da vampiri, streghe e creature soprannaturali, la morte più devastante di The Vampire Diaries non è stata causata da un incantesimo, ma da una malattia fin troppo reale: il cancro. L’uscita di scena di Liz Forbes, sceriffo di Mystic Falls e madre di Caroline, resta uno dei momenti più intensi e memorabili dell’intera serie.

All’inizio, Liz è una figura rigida, razionale, incapace di accettare ciò che non comprende. È parte del Consiglio dei Fondatori e, quando scopre che sua figlia Caroline è diventata una vampira, reagisce con paura e distanza. Ma quello che sembrava un rapporto compromesso trova, con il tempo, una nuova dimensione.

Attraverso piccoli gesti, scelte difficili e dialoghi sinceri, madre e figlia ricuciono un legame profondo. Liz impara ad accogliere la natura di Caroline senza giudicarla, e Caroline ritrova in lei una guida affettuosa. In un mondo dove i genitori spesso si perdono, Liz diventa una delle pochissime figure adulte credibili, amorevoli e coerenti della serie.

Nel corso della sesta stagione, a Liz viene diagnosticato un cancro terminale. Non è una morte spettacolare, ma proprio per questo è ancora più straziante. Caroline tenta in ogni modo di salvarla, ma Liz rifiuta l’idea di diventare vampira: vuole andarsene da essere umano, fedele alla propria identità fino alla fine.

Il momento della sua morte è semplice, silenzioso e profondamente toccante. Anche Damon, notoriamente cinico, le dedica parole sincere, definendola un’amica. E quando Caroline, spezzata dal dolore, decide di “spegnere” la propria umanità per non soffrire, è proprio il ricordo della madre a riportarla indietro, a farla tornare alla persona che Liz ha contribuito a formare.

Liz Forbes non è solo un personaggio secondario ben scritto: è un simbolo di umanità in un mondo in cui l’umanità sembra perduta. La sua presenza continua a farsi sentire anche dopo la sua scomparsa, nei gesti e nelle scelte di Caroline, nei ricordi dei personaggi e nello sguardo dello spettatore.

In un horror romantico dove la morte è all’ordine del giorno, quella di Liz colpisce in modo diverso: perché è vera, concreta, e ci ricorda che non serve essere immortali per lasciare un’impronta profonda.

Leggi anche: The Vampire Diaries, questo discutibile colpo di scena ha mandato i fan su tutte le furie

Fonte: CBR

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A dieci anni dall’uscita, questo film ambientato durante la Guerra Fredda è ancora una lezione di cinema 16 Apr 11:49 AM (18 hours ago)

Una scena dal film Il ponte delle spie

Nel 2015, Steven Spielberg tornava dietro la macchina da presa per raccontare uno degli episodi più emblematici della Guerra Fredda. Il ponte delle spie, scritto da Matt Charman insieme a Joel ed Ethan Coen, prende spunto da una storia vera, e la trasforma in un film magistrale, capace di fondere thriller politico, legal drama e tensione umana in un equilibrio raro. A distanza di dieci anni dalla sua uscita, il film non ha perso un briciolo della sua forza narrativa e resta uno dei titoli più sottovalutati – ma impeccabili – del regista di Schindler’s List e Salvate il soldato Ryan.

Al centro della vicenda c’è James B. Donovan, interpretato da un misurato e solidissimo Tom Hanks. Donovan è un avvocato americano incaricato di difendere Rudolf Abel, una spia sovietica arrestata negli Stati Uniti, e successivamente coinvolto nelle negoziazioni per uno scambio con due prigionieri americani catturati dai sovietici e dalla Germania dell’Est. Il titolo del film fa riferimento al celebre ponte di Glienicke, tra Berlino Ovest e Potsdam, dove lo scambio ebbe effettivamente luogo.

Ma Il ponte delle spie è molto più di un semplice film di spionaggio. Spielberg firma una riflessione profonda sul valore della giustizia e sul coraggio morale, ambientata in un’epoca in cui la paranoia e la propaganda erano più forti della razionalità. In un contesto storico segnato da muri e sospetti, Donovan rappresenta una figura di integrità assoluta, pronto a difendere la dignità umana anche quando si tratta del “nemico”.

Visivamente sobrio e narrativamente teso, il film si affida alla forza del dialogo e al peso delle scelte morali. Spielberg rinuncia ai toni enfatici per lasciare spazio alla sotterranea tensione emotiva e alla complessità dei rapporti tra le due superpotenze. Non c’è spazio per l’eroismo spettacolare, ma solo per la determinazione silenziosa di un uomo che crede nel potere del diritto.

Premiato con l’Oscar per il miglior attore non protagonista a Mark Rylance (straordinario nel ruolo di Abel), Il ponte delle spie ottenne sei nomination agli Academy Awards e nove ai BAFTA, oltre a un’accoglienza calorosa da parte della critica. Su Rotten Tomatoes mantiene ancora oggi un punteggio del 91%: un risultato che conferma la solidità di un’opera costruita con rigore, attenzione e misura.

Rivederlo oggi, in un mondo tornato a confrontarsi con tensioni internazionali, confini chiusi e retoriche da blocchi contrapposti, è un’esperienza ancora più potente. Il messaggio del film – la possibilità di trovare un terreno comune persino nel cuore del conflitto – risuona con un’attualità che Spielberg non poteva prevedere, ma che rende la sua opera ancora più preziosa.

Leggi anche: 75 anni dopo questo film di guerra rimane uno dei più realistici mai realizzati

Fonte: CBR

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«Un serial killer che non dimenticherete»: questa nuova serie Netflix ha tutto ciò che i fan di Dexter e You stavano aspettando 16 Apr 9:23 AM (21 hours ago)

Una scena della serie tv Netflix Il giardiniere

Netflix ha colpito ancora con una nuova serie thriller che ha già conquistato migliaia di spettatori in tutto il mondo. Si tratta de Il giardiniere, una miniserie spagnola rilasciata l’11 aprile, che in sole sei puntate è riuscita a creare un vero e proprio fenomeno social. Paragonata da molti utenti a titoli cult come Dexter e You, la serie è già considerata un “must watch” per chi ama le storie criminali cariche di suspense e colpi di scena.

Ambientata in Spagna, segue la storia di Elmer, un giovane uomo affetto da disturbi emotivi, e di sua madre La China Jurado. I due gestiscono un’apparente attività di giardinaggio che, in realtà, è una copertura per una redditizia impresa di omicidi su commissione. Tutto sembra procedere secondo i piani finché Elmer non si innamora perdutamente di Violeta, una dolce maestra d’asilo che, ironicamente, è anche la loro prossima vittima designata.

Questa improvvisa passione lo mette davanti a un dilemma morale e sentimentale che rischia di mandare in frantumi l’intero equilibrio familiare e professionale. È proprio questo conflitto tra amore e morte che ha colpito il pubblico, generando una pioggia di commenti entusiasti sui social.

Il cast vede protagonista Álvaro Rico (Élite) nel ruolo di Elmer, affiancato da Cecilia Suárez (La casa delle fiori) nei panni della madre, e Catalina Sopelana nel ruolo di Violeta. Le loro interpretazioni intense e sfaccettate contribuiscono a rendere la narrazione ancora più coinvolgente e profonda.

Su X, i fan non hanno tardato a esprimere il proprio entusiasmo. C’è chi ha scritto: “Il giardiniere su Netflix è un perfetto 10/10. Adoro un buon thriller romantico con omicidi”, e chi si è detto “devastato” dal fatto che la serie sia composta solo da sei episodi. In molti la paragonano a Dexter per la tematica del killer con un codice morale, e a You per la tensione romantica contorta. Qualcuno ha anche definito Elmer un “Joe Goldberg latino”.

Ma ciò che ha davvero colpito è il finale, che secondo numerosi spettatori è stato del tutto imprevedibile, tanto da far sperare in un seguito. “Il finale non me lo aspettavo… Netflix è davvero il ‘goat’ dei servizi streaming”, scrive un utente. Un altro aggiunge: “Sono rimasto sconvolto dalla sceneggiatura, dalla creatività e dalla storia. Meravigliosa”.

Il giardiniere riesce dunque a mescolare abilmente thriller, romanticismo e dramma psicologico in un racconto serrato e avvincente, capace di soddisfare sia chi ama i racconti criminali che chi cerca una storia d’amore fuori dal comune. Un equilibrio perfetto che rende questa miniserie uno dei titoli più interessanti della primavera su Netflix.

Tutti e sei gli episodi sono già disponibili sulla piattaforma.

Leggi anche: Scissione incontra Blade Runner: questa serie cyberpunk su Netflix è assolutamente da riscoprire

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Se avete amato l’episodio più triste della settima stagione di Black Mirror, recuperate questo film drammatico 16 Apr 8:15 AM (22 hours ago)

L'episodio Gente comune di Black Mirror

Nonostante sia ricordata soprattutto per le sue tematiche distopiche, la serie Black Mirror ha trattato spesso il tema dell’amore, soprattutto se messo di fronte a quello della morte. La settima stagione non fa eccezione: si apre infatti con Gente comune, un episodio che indaga i limiti di questo sentimento umano così complesso, quando esso viene messo a confronto con la malattia e con la finitezza dell’esistenza umana.

Gente comune vede protagonisti Chris O’Dowd e Rashida Jones nei panni di Mike e Amanda, una coppia felicemente sposata che sogna di avere un bambino. La loro vita, però, viene stravolta quando Amanda cade in un coma irreversibile, e viene rivelato che soffre di un tumore al cervello incurabile. Mike accetta quindi l’aiuto della compagnia RiverMind, che promette di sostituire la parte del cervello malata con una nuova ed alimentare quest’ultima tramite le informazioni ottenute dalla vecchia. Tuttavia, per sostenere i costi della procedura e del pacchetto, Mike è costretto a compiere atti e lavori umilianti e dolorosi.

Se questo episodio – tra i più tristi di tutta Black Mirror – vi ha colpito, allora dovete assolutamente recuperare il film drammatico del 2012 Amour, diretto da Michael Haneke e vincitore dell’Oscar al Miglior film straniero. Proprio come Gente comune, infatti, questa pellicola indaga l’impatto della malattia e in generale di un evento tragico su un legame romantico apparentemente indissolubile. Amour racconta la storia della coppia anziana formata da Georges (Jean-Louis Trintignant) e Anne (Emmanuelle Riva), che deve affrontare momenti drammatici quando la donna diventa emiplegica e inizia a dipendere interamente dal marito, il quale affronta con coraggio la sua disabilità e le difficoltà che ne scaturiscono.

Il finale della pellicola di Haneke è a dir poco devastante, ed è facile immaginare che costituisca un’ispirazione per Charlie Brooker e Bisha K. Ali, autori dell’episodio di Black Mirror. Le due storie potrebbero infatti dirsi complementari, in quanto affrontano aspetti diversi: da una parte il declino dovuto all’età che avanza, dall’altro l’effetto delle tecnologie e del capitalismo sulla salute, in particolare i pericoli dell’affidare il proprio benessere unicamente alle grandi multinazionali del farmaco. Senza dubbio, però, entrambi fanno centro per quanto riguarda gli aspetti più umani e drammatici delle vicende narrate, e per questo risultano entrambi imperdibili.

Fonte: Collider

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The Big Bang Theory: 6 anni dopo, Leonard e Penny sono di nuovo insieme! [VIDEO] 16 Apr 7:31 AM (23 hours ago)

Leonard e Penny in The Big Bang Theory

È periodo di reunion per gli attori di The Big Bang Theory: dopo la foto di Sheldon e Penny, e l’apparizione di Amy e Bernadette nel programma Night Court, ora tocca anche a due dei volti più amati della sitcom, ossia Johnny Galecki e Kaley Cuoco. I due, che sono stati una coppia sia nella vita che sul piccolo schermo nei panni di Leonard e Penny, sono tornati a recitare insieme per il videogioco mobile Royal Kingdom.

In un video condiviso dall’account ufficiale, i fan hanno potuto ammirare in anteprima il nuovo spot, che vede i due attori nei panni di una coppia che sta per dare inizio a una serata di giochi da tavolo. Galecki, però, suggerisce di dedicarsi piuttosto al videogame per smartphone Royal Kingdom, iniziando a gettare dalla finestra tutti i giochi in scatola tradizionali. Dopo averlo provato, anche Cuoco lo segue, dicendo addio anche al Wi-Fi e alla carta di credito, dato che il gioco è gratis e disponibile anche offline.

POTETE VEDERE LO SPOT PUBBLICITARIO QUI

«È stato divertentissimo girare questa pubblicità! Sono di nuovo insieme al mio amico JG», ha scritto Kaley Cuoco su Instagram. «Ho adorato questo giorno con te, mia cara. Baci!», le ha risposto Galecki. Lo spot non è solo l’occasione di rivederli insieme a sei anni dalla fine di The Big Bang Theory, ma costituisce anche un evento importante per Galecki: il suo ritorno ufficiale sul set dopo tutto questo tempo. L’attore, infatti, dai tempi della serie ha recitato soltanto in due episodi di The Conners.

Kaley Cuoco, invece, ha avuto una carriera più prolifica: dall’epilogo di The Big Bang Theory, ha consolidato la sua fama con il ruolo della protagonista delle serie L’assistente di volo (2020-2022) e Based on a True Story (2023). Prossimamente reciterà nella commedia HBO Kansas City Star e nel mystery thriller Vanished, accanto a Sam Claflin.

Cuoco e Galecki sono oggi buoni amici, ma hanno avuto una relazione per due anni durante le riprese della sitcom che li ha resi famosi. L’attore ha attribuito la fine della loro storia a una visione differente sulla fama, sostenendo che Cuoco fosse molto più aperta con i media e i social network, cosa che creava attriti nella coppia. L’attrice oggi è legata sentimentalmente al collega Tom Pelphrey, con il quale ha avuto una figlia nel marzo 2023.

Fonte: CBR

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Scissione incontra Blade Runner: questa serie cyberpunk su Netflix è assolutamente da riscoprire 16 Apr 6:42 AM (yesterday, 6:42 am)

Netflix Altered Carbon

Dopo la fine della seconda stagione di Scissione, l’acclamata serie di genere fantascientifico e thriller psicologico targata AppleTV+, gli spettatori sono alla ricerca di qualcosa che raggiunga gli stessi livelli di mistero e suspense. E forse Netflix ha proprio il titolo che fa per voi.

Si tratta della serie Altered Carbon, creata nel 2018 da Laeta Kalogridis e tratta dal romanzo cyberpunk Bay City di Richard K. Morgan. Lo show è stato accolto positivamente dagli spettatori, che hanno apprezzato in particolare gli effetti speciali e la storia complessa e piena di colpi di scena. E per i fan accaniti di Scissione c’è una bella sorpresa: nella prima stagione c’è anche Dichen Lachman, interprete di Gemma Scout nella serie Apple, qui nei panni della misteriosa Reileen Kawahara.

La storia, scritta sulla falsariga di Blade Runner, è ambientata in un mondo cyberpunk del futuro in cui gli esseri umani possono scaricare, trasferire e salvare la loro coscienza con un processo detto I.D.U. (Immagazzinamento Digitale Umano). Ciò permette loro di sopravvivere alla morte fisica, installando i loro ricordi e la loro identità in corpi sintetici. Questa tecnologia, tuttavia, è molto costosa e non alla portata di tutti. I più benestanti, che possono ripetere il processo all’infinito, sono diventati praticamente immortali e considerati delle vere e proprie divinità. Il protagonista è Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman), un ex mercenario che viene incaricato di indagare sulla morte di Laurens Bancroft (James Purefoy), uno degli uomini più ricchi del mondo.

La prima stagione detiene un punteggio del 70% su Rotten Tomatoes ed è stata accolta in maniera positiva da pubblico e critica. Si leggono ad esempio commenti come: «Coinvolgente, visivamente meraviglioso e con un cast di talento: ho davvero adorato immergermi nel mondo di Altered Carbon», oppure: «Una delle migliori serie Tv di sempre, la riguardo ogni anno e ogni volta mi stupisce».

Purtroppo, la seconda stagione arrivata nel 2020 non ha ottenuto altrettanto successo, nonostante l’aggiunta nel cast di grandi nomi, tra cui anche la star Marvel Anthony Mackie, che ha sostituito Kinnaman nel ruolo del protagonista Takeshi. Data la risposta più tiepida, Netflix ha optato infine per la cancellazione definitiva, confermata ad agosto 2020. Non senza dispiacere da parte dei fan, come si legge tra i commenti: «Ho amato questa serie, bellissima e ben scritta. La trama per me ha funzionato come una droga. Quando è stata cancellata ci sono rimasto malissimo, mia moglie e io eravamo così arrabbiati che abbiamo pensato di disdire il nostro abbonamento».

Se, nonostante il finale non proprio roseo, vi abbiamo convinto, o se siete semplicemente alla ricerca di suspense e ambientazioni cyberpunk, le due stagioni di Altered Carbon sono disponibili su Netflix.

Fonte: The Mirror

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La morte più macabra della storia dell’horror? È in questo film del 2002 16 Apr 5:45 AM (yesterday, 5:45 am)

La morte più macabra della storia dell'horror? È in questo film del 2002

Tra tutti i film horror usciti nei primi anni Duemila, Nave fantasma (Ghost Ship) non è sicuramente il primo che vi verrà in mente, principalmente perché non ottenne buone recensioni all’epoca della distribuzione nelle sale. Tuttavia, negli anni questo lungometraggio diretto da Steve Beck si è guadagnato un certo seguito, e viene ricordato soprattutto per una delle migliori morti mai concepite dalla storia dell’horror.

La pellicola comincia con un prologo caratterizzato da atmosfere completamente differenti rispetto al resto della storia. Siamo a bordo di un lussuoso transatlantico, dove è in corso una festa. Vediamo i membri dell’equipaggio e gli ospiti mentre ballano e si rilassano, e una bambina che danza insieme al capitano. Nel frattempo, qualcuno inizia a preparare una trappola mortale, avvolgendo intorno al gruppo un filo metallico. Quando il filo si stringe, tutti i presenti vengono smembrati e tagliati a pezzettini e a sopravvivere è soltanto la bambina, Katie.

Questa scioccante e memorabile scena dà il via al resto della vicenda, che riguarda un gruppo di esploratori che, quarant’anni dopo, trovano il relitto in cerca di tesori e ricchezze. Qui incontrano Katie, che spiega che tutte le vittime della strage sono costrette a vagare come spiriti nella nave e a uccidere chiunque ci si avventuri. Bisogna precisare che il resto della storia non è all’altezza dell’agghiacciante scena di apertura, diventata leggendaria non soltanto nel cinema horror, ma anche nei media in generale (è stata citata persino da serie animate come American Dad). Spesso, infatti, gli spettatori non ricordano affatto il resto della trama di Nave fantasma, ma al contrario hanno stampato in mente l’orrore degli istanti iniziali.

E non è tutto, perché la sequenza di apertura è soltanto l’antipasto di una scena molto più sinistra che accade più avanti nella storia. Esplorando il relitto, infatti, il gruppo di protagonisti svela gradualmente il mistero (e il colpevole) dietro la strage avvenuta quella sera. E la rivelazione è molto più crudele, cupa e violenta di quello che potreste mai immaginare.

Insomma, nonostante non sia certo tra i titoli più celebri o più amati, Nave fantasma è la prova che una buona scena horror, a volte, può restare impressa nella memoria più di un film intero!

Fonte: Comicbook

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The Last of Us, la seconda stagione ha già cambiato una dettaglio importante rispetto al videogioco 16 Apr 2:09 AM (yesterday, 2:09 am)

the last of us 2, la storia di eugene è cambiata

Siamo ufficialmente tornati nel mondo di The Last of Us, grazie all’uscita del primo episodio della seconda stagione. È ancora presto per capire in che modo la serie si scosterà dal videogioco, anche se qualcosa è già cambiato. Non solo abbiamo già visto una scena che svela gran parte della trama dei nuovi episodi, e per certi versi rovina l’effetto sorpresa per chi non ha mai giocato al secondo capitolo, ma è stata modificata anche la storia di un personaggio secondario.

Stiamo parlando di Eugene Linden, che forse non tutti ricordano essere stato nominato anche in The Last of Us – Parte 2. Nell’acclamato titolo Naughty Dog, era un abitante della cittadina di Jackson, parte della comunità di Maria Miller e noto per la sua coltivazione di marijuana. Come il fratello di Joel, Tommy, è stato parte delle Luci ed era un grande amico di Dina. Bisogna parlare di lui al passato, perché nel videogioco Eugene è morto, ucciso da un infarto all’età di 73 anni.

Ciò che rende la sua storia così curiosa, nel videogame, è che si tratta di uno dei pochi esseri umani conosciuti ad essere morto di cause naturali nel mondo post-apocalittico immaginato da The Last of Us. Motivo per cui le modifiche fatte dalla serie tv HBO hanno fatto storcere il naso a qualcuno: nel primo episodio di The Last of Us 2, Eugene viene nominato da Gail, la terapeuta di Joel interpretata da Catherine O’Hara.

Durante una sessione, la donna gli rivela di essere ancora molto arrabbiata con lui per la morte di Eugene. Il protagonista interpretato da Pedro Pascal, in questa versione, gli ha sparato e lo ha ucciso dopo che l’uomo a quanto pare era stato morso da un infetto del Cordyceps. Non si tratta quindi di una morte particolarmente significativa, contando che è il destino che purtroppo tocca a molti dei sopravvissuti (Ellie esclusa).

Allo stesso modo, non è un dettaglio che cambia drasticamente il corso della serie The Last of Us e che può compromettere il giudizio sulla seconda stagione: cambiare questo genere di cose fa solo parte della natura di un adattamento televisivo, ma è una curiosità che ai fan non è sfuggita. 

Voi l’avevate notata? Vi è piaciuto il primo episodio della seconda stagione? Diteci la vostra, come sempre, nei commenti. Le puntate, ricordiamo, usciranno ogni lunedì notte in contemporanea con gli Stati Uniti in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now.

Leggi anche: «Non ce ne fregava un c***o!»: questo errore in The Last of Us 2 è destinato a far discutere

Foto: HBO

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Oppenheimer, in pochissimi hanno notato questo clamoroso errore nel film di Nolan [FOTO] 16 Apr 1:39 AM (yesterday, 1:39 am)

un errore nel film oppenheimer

Può capitare anche ai più grandi. Nei film storici, l’attenzione al dettaglio è spesso una questione di principio, soprattutto quando dietro la macchina da presa c’è un regista come Christopher Nolan, noto per la sua maniacale precisione visiva. In Oppenheimer, kolossal biografico dedicato al padre della bomba atomica, e vincitore assoluto dei premi Oscar 2024, ogni elemento – dalla fotografia ai costumi – sembra costruito per restituire con rigore l’atmosfera dell’America tra gli anni ’30 e ’50… Eppure, anche in un’opera così imponente e documentata c’è un errore che non è passato inosservato agli spettatori più attenti e patiti di storia.

Il “blooper” in questione arriva in uno dei momenti più celebrativi del film, quando Oppenheimer, interpretato da Cillian Murphy, viene accolto come un eroe per il successo del progetto Manhattan. Il pubblico applaude, le bandiere sventolano, la tensione narrativa raggiunge il suo culmine. E proprio lì, tra la folla esultante, si intravede un dettaglio rivelatore: la bandiera americana issata sul palco ha cinquanta stelle.

Un errore, se si considera che la scena è ambientata nel 1945, anno in cui gli Stati Uniti avevano ancora 48 stati. L’Alaska e le Hawaii, gli ultimi due ad essere ammessi nell’Unione, sono diventati ufficialmente parte degli Stati Uniti solo nel 1959 e nel 1960. Quella bandiera, dunque, non avrebbe potuto esistere all’epoca di Oppenheimer. Questa inesattezza non è passata inosservata, e ha suscitato reazioni curiose sui social e tra gli spettatori più informati. Alcuni l’hanno definito una semplice svista, altri l’hanno interpretato come un’involontaria “licenza poetica” in un film che, per il resto, si sforza di mantenere uno straordinario rigore documentaristico.

Si tratta ovviamente di un errore veniale che non intacca il valore del film, ma che dimostra come anche nelle produzioni più ambiziose e meticolose il rischio di un piccolo sbaglio storico sia sempre dietro l’angolo. E che talvolta, la storia – con le sue date e i suoi simboli – è più difficile da gestire di quanto sembri! Se volete recuperare o rivedere il film, si trova in streaming su Now/Sky.

Leggi anche: Se avete amato Oppenheimer, dovete assolutamente recuperare questa serie Tv del 2014

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Godzilla x Kong, l’ultima novità sul film è un regalo ai fan di Jurassic Park! 16 Apr 12:57 AM (yesterday, 12:57 am)

godzilla x kong aggiunge al cast una star di jurassic park

Benvenuti al Godzilla Park! L’universo narrativo legato al Re dei Kaiju è pronto a tornare con un nuovo film che vedrà il dinosauro atomico di nuovo al fianco dell’amico e rivale Kong, ma per una volta è arrivata una notizia sul fronte “umano” particolarmente esaltante. Al cast del film si è infatti aggiunta una grande star di Jurassic Park!

Stando a quanto riportato dalle fonti estere, per il sequel di Godzilla x Kong: Il Nuovo Impero la Legendary ha deciso di pescare dal franchise creato da Steven Spielberg, atteso tra l’altro da un nuovo capitolo in uscita nelle sale a luglio 2025. Se in quel film non troveremo il paleontologo Alan Grant, probabilmente sarà perché è impegnato nel MonsterVerse, perché è stato confermato che Sam Neill si è unito al sequel attualmente in produzione.

Non sono stati rivelati dettagli sul ruolo che andrà ad interpretare, ma il suo passato nel franchise di Jurassic Park non può che sollevare curiosità e commenti da parte dei fan dei dinosauri e di Godzilla. Neil si unisce così a Kaitlyn Dever, Jack O’Connell, Delroy Lindo, Matthew Modine, Alycia Debnam-Carey e Dan Stevens, che riprenderà il ruolo del veterinario Trapper Beasley già visto in Godzilla x Kong: Il Nuovo Impero.

Occhi puntati al 2027, adesso, quando uscirà nelle sale il prossimo film del MonsterVerse. Non si sa ancora molto a riguardo, se non che ci saranno nuovi personaggi umani al fianco di Godzilla e Kong, mentre i due titani affrontano l’ennesima minaccia cataclismatica. A dirigere non sarà più Adam Wingard ma Grant Sputore. Il MonsterVerse, lo ricordiamo, è iniziato nel 2014 e finora ha incassato 2.5 miliardi di dollari in tutto il mondo, espandendosi anche al piccolo schermo con la serie animata Skull Island e Monarch: Legacy of Monsters, in attesa di una seconda stagione.

Per gli appassionati, le sorprese in questi giorni non sono finite qui: giusto ieri vi abbiamo dato conferma che è in produzione un sequel diretto di Godzilla Minus One, il gioiello giapponese che ha portato il Re dei Kaiju alla vittoria del premio Oscar per i Migliori effetti speciali. Non un brutto momento, per essere un fan dei mostri grossi, vero?

Fonte: Deadline

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Questa serie animata ha traumatizzato una generazione: «Vorrei non averla mai vista» 15 Apr 11:42 PM (yesterday, 11:42 pm)

serie animata trauma le avventure del piccolo bosco

A volte i traumi televisivi dell’infanzia non arrivano da horror o thriller vietati ai minori, ma da insospettabili cartoni animati che, sotto l’apparenza di fiabe per bambini, celavano una dose inaspettata di dramma e realismo capace di rimanere impressa per anni e anni. Chi è cresciuto negli anni ’90 lo sa bene: certi pomeriggi davanti alla TV si sono trasformati in piccole sedute di psicoterapia non richiesta: non solo per la tristezza che suscitavano, ma per il senso di perdita, la crudezza di certe scene in grado di lasciare un segno indelebile. E se c’è una serie animata che incarna perfettamente questo mix di tenerezza e trauma, è Le avventure del bosco piccolo.

Andata in onda tra il 1993 e il 1995, e tratta dai romanzi di Colin Dann, Le avventure del bosco piccolo (The Animals of Farthing Wood) raccontava la fuga di un gruppo di animali selvatici costretti a lasciare il proprio bosco, minacciato dagli esseri umani, per cercare rifugio in una riserva naturale. Un’odissea che coinvolgeva volpi, tassi, rospi, cervi, ricci e molti altri, tutti legati da un patto di non predazione: durante il viaggio nessuno avrebbe mangiato l’altro. Una promessa che sembrava rendere tutto più rassicurante… finché non iniziavano le morti.

Questa non era la classica favoletta con un lieto fine per tutti: gli animali morivano, e spesso in modo crudele. La serie non aveva paura di mostrare l’ingiustizia, la sofferenza e la durezza della natura e della società umana. Per molti bambini, abituati ai finali felici dei Classici Disney, fu uno shock emotivo vero e proprio. Tanto che, scorrendo i commenti su Letterboxd e affini, c’è ancora chi oggi ammette: «Vorrei non averla mai vista».

Al di là dei ricordi traumatici, Le avventure del bosco piccolo è una delle serie animate più mature e coraggiose mai realizzate per un pubblico giovane. La sua forza stava nella sincerità con cui parlava di temi importanti: la distruzione dell’ambiente, la convivenza tra specie diverse, la solidarietà, ma anche la perdita e il dolore. Ogni personaggio aveva un ruolo ben preciso: Volpe, il leader tenace; Tasso, la saggezza incarnata; Rospo, il nostalgico e instancabile compagno di viaggio. Ognuno con un arco narrativo che contribuiva a costruire un racconto epico e malinconico.

Rivederla oggi, da adulti, permette di apprezzare ancora di più la qualità della scrittura e il coraggio degli autori. Non è una serie facile da digerire, e probabilmente non lo era neanche all’epoca. Ma è proprio per questo che è rimasta nel cuore di chi l’ha vista: perché non ha mai trattato il suo pubblico “da bambini”. Ve la ricordate? Siete stati traumatizzati anche voi da Le avventure del bosco piccolo? Diteci la vostra, come sempre, nei commenti.

Leggi anche: Questo easter egg in Ratatouille è il trauma infantile che non ci meritavamo [FOTO]

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Se avete amato Il Robot Selvaggio non aspetterete altro che il nuovo film DreamWorks 15 Apr 10:48 PM (yesterday, 10:48 pm)

il prossimo film dreamworks dopo il robot selvaggio

DreamWorks Animation vuole farvi fare un nuovo emozionante viaggio. Lo studio, reduce dal grande successo di Il Robot Selvaggio – purtroppo per loro non culminato con la vittoria del premio Oscar di categoria, andato all’indipendente Flow, ma del quale si attende comunque il sequel – ha annunciato infatti il nuovo film in uscita nelle sale; e per chi ha amato la storia di Roz ci sono già degli evidenti punti in comune.

L’etichetta di proprietà di Universal tornerà sul grande schermo con Forgotten Island, i cui dettagli di trama sono ancora sotto chiave. Tuttavia, stando alle fonti estere si tratta di un’avventura che porterà i protagonisti su un’isola magica e dimenticata che fa parte della mitologia delle Filippine.

Nonostante le affinità d’ambientazione (anche Il Robot Selvaggio è ambientato su un’isola sperduta), a dirigere Forgotten Island non sarà Chris Sanders ma altri due registi “di casa” in DreamWorks Animation: lo studio ha scelto di affidare a Joel Crawford e Januel Mercado il progetto; i due sono reduci da un altro buon successo animato per Universal, Il gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio del 2022, sequel spin-off di Shrek candidato anche al premio Oscar. Per Mercado sarà il primo film con pieni crediti alla regia.

Ora il dettaglio che interessa ai fan del cinema d’animazione, e in particolar modo dei titoli Universal/DreamWorks: quando esce nelle sale Forgotten Island? L’attesa non sarà terribilmente lunga: il nuovo film arriverà al cinema il 25 settembre 2026, all’incirca nella stessa finestra di Il Robot Selvaggio e la speranza è che porti allo stesso risultato al botteghino. Nel frattempo, lo studio sta lavorando anche al sequel di Troppo Cattivi, a Shrek 5 e anche ad un altro live-action di Dragon Trainer, il cui primo capitolo è in uscita nelle sale a giugno 2025.

Fonte: Variety

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Squid Game: c’è solo un personaggio che può DAVVERO far finire i giochi, e non è Gi-hun 15 Apr 12:14 PM (yesterday, 12:14 pm)

Squid Game stagione 2

Mancano ormai poco più di due mesi all’uscita della terza stagione di Squid Game, che concluderà le vicende del personaggio di Seong Gi-hun, interpretato da Lee Jung-jae nella serie coreana dei record. Nella seconda stagione è iniziata la sua rivoluzione contro il Front Man, ma quest’ultimo si è dimostrato sempre un passo avanti: nel finale ha ribaltato completamente la situazione, causando la morte di diversi protagonisti e deludendo le aspettative di chi sperava finalmente di porre fine ai giochi della morte.

Benché la storia di Squid Game si sia focalizzata soprattutto sul percorso di Gi-hun, che da uomo disperato è diventato quasi un eroe determinato a liberare tutti gli altri giocatori, la seconda stagione ha iniziato gradualmente a spostare l’attenzione anche su altri personaggi. In particolare la guardia Kang No-eul, interpretata da Park Gyu-young, è una figura ancora misteriosa, che tuttavia potrebbe avere un ruolo di spicco nell’ultima stagione e anche nella conclusione definitiva degli Squid Game (sempre che questo sia il finale immaginato dal creatore Hwang Dong-hyuk).

Nella serie, No-eul ci viene presentata come una disertrice della Corea del Nord, che nella sua fuga è stata costretta a lasciare indietro la figlia e ora ha l’obiettivo di ritrovarla. Inaspettatamente, però, non partecipa ai giochi come concorrente, bensì si arruola come guardia. Nel corso degli episodi ha poi assunto un ruolo ambivalente: non ha aderito alla rivoluzione messa in piedi da Gi-hun, ma non è stata neanche del tutto neutrale. Infatti, l’abbiamo vista salvare la vita al padre della ragazzina, che era stata incaricata di uccidere. Insomma, No-eul senza dubbio non è una guardia fedele al Front Man come le altre, ma sembra avere le proprie motivazioni, in parte ancora nascoste, cosa che potrebbe trasformarla in una presenza chiave nella terza stagione.

Secondo alcune teorie, il suo ruolo sarà dunque fondamentale: sia perché potrebbe diventare il collegamento “interno” di Gi-hun, tradire il Front Man e sabotare da dentro i giochi, sia perché potrebbe nascondere ancora qualche importante segreto. Ad esempio, data la sua provenienza, e il suo cognome, alcuni spettatori dello show Netflix sono convinti che si tratti della sorella segreta di Kang Sae-byeok, interpretata da Jung Ho-yeon nella prima stagione.

Il personaggio di Kang No-eul si distinguerà forse come nuova eroina della terza stagione di Squid Game? Ovviamente, per scoprirlo occorrerà aspettare il 27 giugno 2025, data del debutto degli episodi conclusivi. Voi che ne pensate di questa teoria?

Fonte: Screen Rant

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Dopo il successo del film di Minecraft, i fan attendono il sequel di questo adattamento videoludico del 2019 15 Apr 11:41 AM (yesterday, 11:41 am)

Dopo il successo del film di Minecraft, i fan attendono il sequel di questo adattamento videoludico del 2019

Il successo di Un film Minecraft, insieme a quello di altri franchise come Sonic e Super Mario, ci ha ricordato quali sono le regole d’oro per produrre il perfetto adattamento videoludico “pop”: divertimento, una buona dose di follia, l’immancabile “momento tormentone” che andrà virale sui social e soprattutto una IP kid-friendly, in grado di entusiasmare e portare in sala le nuove generazioni.

E mentre il seguito è praticamente assicurato, dato il box office in costante ascesa, è chiaro anche che gli studi siano in ascolto: la domanda per i blockbuster tratti da videogame non è mai stata così alta, e Hollywood è già a caccia del prossimo titolo da sfruttare. A ben guardare, però, una potenziale gallina dalle uova d’oro ci sarebbe già: sei anni fa, Warner Bros. è riuscita a portare con successo sul grande schermo il franchise dei Pokémon grazie al live action Detective Pikachu, che tuttavia da allora è praticamente caduto nel dimenticatoio.

Ispirato liberamente all’omonimo videogame del 2016, anche Detective Pikachu sfruttava le stesse premesse di Minecraft e Super Mario, focalizzandosi più che altro sull’esplorazione dell’universo narrativo e sulla riproposizione in chiave nostalgica di creature, scenari e easter egg cari agli appassionati. Un approccio meno incentrato sulla trama in sé, che risulta quasi accessoria in questo tipo di adattamenti, ma che tuttavia era curiosa e interessante. Al centro della storia c’era infatti l’avventura di Tim (Justice Smith), un ragazzo che cerca il padre scomparso nell’immaginaria città di Ryme City, dove esseri umani e Pokémon convivono pacificamente. Ad aiutarlo c’è il Pikachu del padre, che è inaspettatamente in grado di parlare.

Dato che non c’è una storia da seguire fedelmente (come ad esempio in The Last of Us), adattamenti come questo riescono a prendersi molte libertà, rielaborando il materiale di partenza in modo che risulti coinvolgente sia per i fan di vecchia data che per le nuove generazioni. L’universo narrativo introdotto in Detective Pikachu è potenzialmente immenso, al punto che un sequel sembrava non soltanto inevitabile, ma praticamente necessario. Il finale, dopotutto, ha concluso la storia di Tim, ma ha lasciato anche la porta aperta a nuove investigazioni e a una possibile avventura oltre i confini di Ryme City.

Nonostante i 500 milioni incassati all’epoca, e nonostante Legendary avesse confermato l’arrivo del seguito subito dopo l’uscita del primo capitolo, ad oggi il franchise è ufficialmente in stallo. Le ultime notizie in merito risalgono a due anni fa, quando è stato fatto il nome del regista Jonathan Krisel. Da allora, però, tutto tace, e persino il protagonista Justice Smith ha ammesso in alcune interviste di non essere più stato contattato. Sembra che le tempistiche si siano allungate a causa della pandemia e degli scioperi del 2023. Sulla scia del successo di Un film Minecraft, però, potrebbe essere proprio il momento giusto per rispolverare questo franchise, a maggior ragione vista l’attuale popolarità dei videogame e delle carte collezionabili Pokémon tra i giovanissimi (e non solo). 

Che ne pensate? Vi piacerebbe un sequel di Detective Pikachu?

Fonte: Collider

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Il Signore degli Anelli, una star ha sofferto di attacchi di panico sul set: «Ho pensato di non farcela» 15 Apr 9:59 AM (yesterday, 9:59 am)

Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello

Se pensiamo alla saga de Il Signore degli Anelli, ci vengono subito in mente le lussureggianti location della Contea degli hobbit, una vera e propria oasi di pace e tranquillità per i suoi abitanti. Tutti… tranne uno. In una recente apparizione all’evento C2E2 di Chicago, l’attore Sean Astin, interprete di Samwise Gamgee, ha svelato di aver sofferto di severi attacchi di panico durante le riprese della trilogia, e di aver affrontato numerosi ostacoli interiori, proprio come il suo personaggio sullo schermo.

Il primo momento di panico di cui l’attore ha parlato è avvenuto durante una sequenza in cui era appesantito dal costume e dagli oggetti di scena: «Ricordo che mi sentivo pesantissimo, stavo trasportando lo zaino di Sam e tutto quel peso mi stava dando fastidio. Ho iniziato ad avere un attacco di panico».

«Ma non è stata la prima volta – ha continuato Astin -. La prima volta è stata quando mi hanno detto che avrei dovuto indossare del trucco prostetico e sono andato a farmi prendere le misure per il modello a Los Angeles. Ho chiamato il mio medico e gli ho detto: “Penso che mi stia venendo un infarto”. E lui mi ha risposto: “Tranquillo, ti stanno solo mettendo una protesi per il trucco, andrà tutto bene”».

Questa esperienza ha portato l’attore a dubitare profondamente di sé stesso e ad auto-convincersi di non essere la persona giusta per interpretare Sam, un ruolo fondamentale per il percorso del protagonista de Il Signore degli Anelli, Frodo. «Pensavo continuamente: questo è troppo per me, e se non ce la facessi?», ha ricordato ancora l’attore. Per calmarsi, Sean Astin ha iniziato a tenere un calendario con un conto alla rovescia per la fine delle riprese. Anche se le sue co-star trovavano fastidioso che non vedesse l’ora di terminare il lavoro, questo pensiero è stato ciò che gli ha permesso di superare i suoi dubbi e arrivare fino in fondo. «La lezione che ho imparato è che siamo tutti capaci di molto di più di quello che crediamo. Possiamo fare delle cose incredibili», è stato il messaggio finale dell’attore ai fan de Il Signore degli Anelli.

Fonte: MovieWeb

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«Totalmente imprevedibile»: su Netflix è arrivato il nuovo crime che farà impazzire i fan di The Åre Murders 15 Apr 9:25 AM (yesterday, 9:25 am)

Netflix La cupola di vetro

Lo scorso febbraio, il catalogo di Netflix dedicato ai crime scandinavi si è arricchito con The Åre Murders, produzione in lingua svedese che è subito entrata nella top 10 dei titoli più visti, conquistando oltre 10 milioni di visualizzazioni in appena una settimana. Basata sui romanzi di Viveca Sten, la serie seguiva le vicende di Hanna Ahlander, un’agente di polizia sulle tracce di una giovane donna scomparsa.

Se anche voi siete fra gli spettatori che si sono lasciati coinvolgere da questo titolo, o se più in generale siete appassionati dei cosiddetti scandi-noir, questa settimana c’è una nuova uscita che fa al caso vostro e che potrebbe essere considerata una sorta di “sequel ideale” di The Åre Murders. Parliamo di Glaskupan – La cupola di vetro.

Tratto da un romanzo della celebre autrice Camilla Läckberg, il film ruota attorno al personaggio di Leija, una criminologa, interpretata da Léonie Vincent, che da piccola è stata vittima di un rapimento e detenuta per un certo periodo di tempo sotto una cupola di vetro da parte un criminale misterioso. Da adulta, torna nel villaggio svedese dove è cresciuta e dove è avvenuto questo episodio del suo passato. Qui, si unisce alle indagini sulla ricerca di una bambina scomparsa, ma per trovare la verità dovrà fare i conti con il suo stesso trauma.

La storia della nuova serie Netflix è caratterizzata da una narrazione complessa e non lineare, con numerosi flashback che terranno lo spettatore incollato alla poltrona e pronto a cogliere anche il più piccolo indizio per indovinare il colpevole. Lo show è appena uscito, dunque per le reazioni del pubblico occorrerà aspettare almeno il weekend, ma nel frattempo sono già arrivati i primi commenti positivi da parte della critica, che lo ha definito «totalmente imprevedibile, entusiasmante e molto appagante».

Descritto come «un agghiacciante mystery character-driven», La cupola di vetro «esplora i temi della memoria, dell’identità e dell’impatto persistente del trauma». «La serie ha una struttura non-lineare e fa uso dei flashback per svelare gradualmente il passato di Lejla e il modo in cui è collegato al mistero del presente – continua la critica -. È un thriller che vi farà riflettere e che combina la profondità psicologica a un’indagine accattivante».

Insomma, se siete appassionati di crime scandinavi, questo non potrà che essere il vostro programma per il weekend su Netflix!

Fonte: LADBible

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Neanche i fan dell’horror più estremo riusciranno a guardare questo agghiacciante film con le luci spente 15 Apr 8:25 AM (yesterday, 8:25 am)

Poster del film horror When Evil Lurks

Ci sono film horror che inquietano, altri che disturbano, e poi c’è When Evil Lurks – un’esperienza viscerale, angosciante e senza compromessi. Diretto dall’argentino Demián Rugna, già noto per Terrified, questo film ha saputo colpire nel profondo anche gli spettatori più temerari, guadagnandosi un posto speciale tra le opere più sconvolgenti del genere uscite negli ultimi anni. Non è solo questione di sangue o violenza, ma della capacità di generare un senso di puro terrore che si insinua sotto pelle e non abbandona nemmeno dopo i titoli di coda.

La storia è ambientata in un villaggio rurale dell’Argentina, dove due fratelli scoprono la presenza di un uomo “marcio”: un corpo in decomposizione infestato da un demone pronto a manifestarsi nel mondo reale. Nel tentativo di impedire che il male si propaghi, i due commettono una serie di errori fatali che, anziché contenere l’orrore, ne accelerano la diffusione. Inizia così una corsa disperata contro qualcosa che sembra essere ovunque, pronta a insinuarsi nei corpi e nelle menti di chiunque entri in contatto con esso.

Ciò che distingue When Evil Lurks da qualsiasi altro film di possessione è il suo approccio radicale. Qui il male non ha bisogno di spiegazioni né di simbologie religiose per farsi comprendere. È presente, tangibile, inevitabile. I personaggi conoscono da subito le regole per evitare l’infezione – non usare la luce elettrica, non toccare gli oggetti contaminati, non ferire il demone, non chiamarlo mai per nome – ma il rispetto di queste leggi sembra del tutto insufficiente. Come se l’orrore avesse già vinto in partenza.

Il film si muove tra realismo e simbolismo, creando un’atmosfera opprimente che annulla qualsiasi speranza. Non ci sono sacerdoti, non ci sono rituali salvifici, solo persone comuni alle prese con un male che non possono comprendere né affrontare. Mirta, l’unico personaggio che sembra avere esperienza nel combattere il demone, è un’ex ciarlatana che ha perso la fede e si è rassegnata al fatto che l’umanità sia irrimediabilmente corrotta. Il suo sguardo cinico diventa il filtro attraverso cui lo spettatore osserva un mondo dove Dio ha abbandonato ogni cosa e il male si è fatto sistema.

A rendere ancora più disturbante l’esperienza è il modo in cui Rugna sceglie di infrangere i tabù: When Evil Lurks non esita a mostrare la morte di animali, bambini, innocenti. Ma non si tratta di shock gratuito. Ogni scena è parte integrante di un disegno più ampio che mira a disintegrare ogni certezza morale dello spettatore. L’idea di fondo è chiara: non esistono rifugi, non esistono buoni o cattivi, solo esseri umani travolti da un’oscurità troppo grande da affrontare.

Dal punto di vista visivo, il film colpisce per la qualità degli effetti pratici, che ricordano le invenzioni stilistiche del franchise La Casa e l’atmosfera claustrofobica de La Cosa di John Carpenter. Ma When Evil Lurks non è solo un omaggio ai classici: è una riflessione spietata sul fallimento delle istituzioni – religiose, sociali, familiari – e sulla vulnerabilità dell’essere umano di fronte all’ignoto.

È un film cupo, privo di speranza, che non offre facili vie d’uscita. E proprio per questo, è anche uno dei titoli più originali e memorabili dell’horror contemporaneo. Chi cerca un’esperienza intensa, destabilizzante, capace di lasciare il segno, non potrà che restarne colpito. Ma un avvertimento è d’obbligo: guardatelo con le luci accese. E preparatevi a non dormire tranquilli per qualche notte.

Leggi anche: I film horror istigano davvero alla violenza? La risposta… è in un film horror!

Fonte: Collider

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Ci risiamo: un altro intramontabile classico Disney verrà rivisitato in chiave horror 15 Apr 7:13 AM (yesterday, 7:13 am)

Collage cattivi Disney e Aladdin horror

Sembra proprio che nessun classico Disney sia al sicuro. Dopo Winnie the Pooh, Bambi e Peter Pan, un’altra icona dell’animazione si prepara a essere stravolta: Aladdin. Il celebre racconto arabo, reso immortale dalla versione Disney del 1992, sarà infatti il punto di partenza per un nuovo film horror dal titolo Aladdin: The Monkey’s Paw. Una notizia che ha subito acceso la curiosità (e la preoccupazione) del pubblico, pronto a vedere uno dei personaggi più amati dell’infanzia trasformarsi nel protagonista di un incubo.

Il progetto è in sviluppo presso Empire Studios, in collaborazione con Every Entertainment e 8th Law Pictures, e sarà girato nel Regno Unito a partire dal prossimo mese. Alla regia troviamo Bradley Stryker, volto noto del cinema horror per la sua partecipazione a Terrifier 3, che sarà anche uno degli interpreti principali. Il cast include Nick Sagar, Ricky Norwood e Montana Manning, anche se i dettagli sui personaggi restano ancora top secret.

La sceneggiatura, scritta da Charley McDougall, offrirà una reinterpretazione radicale della fiaba originale: niente lampade magiche o tappeti volanti, ma una sinistra zampa di scimmia capace di esaudire desideri, ispirata all’omonimo racconto horror di W.W. Jacobs. La storia sarà ambientata nella Londra contemporanea e seguirà un giovane chiamato Aladdin, che entra in possesso dell’artefatto magico solo per scoprire che ogni desiderio esaudito comporta un prezzo altissimo. Mentre le persone a lui vicine iniziano a morire, Aladdin dovrà affrontare una forza demoniaca che si nutre dell’anima di chi osa desiderare troppo.

La trasformazione dei classici Disney in horror è ormai una vero e proprio trend: i diritti d’autore scaduti (o prossimi alla scadenza) su molte di queste storie hanno aperto la strada a reinterpretazioni libere e spesso inquietanti, rivolte a un pubblico adulto. E se da un lato queste operazioni sembrano quasi sacrileghe per chi è cresciuto con i film originali, dall’altro rappresentano un terreno fertile per esplorare i lati più oscuri delle fiabe.

In questo caso, il titolo stesso – The Monkey’s Paw – è una dichiarazione d’intenti. Già dal nome, il film promette un viaggio nelle paure più profonde legate al desiderio: cosa saremmo disposti a sacrificare per ottenere ciò che vogliamo? E quanto costa davvero ogni scelta?

Se da un lato c’è chi non vede l’ora di scoprire queste versioni alternative, più cupe e disturbanti, c’è anche chi ritiene che trasformare film per bambini in horror sia una strategia commerciale poco rispettosa del materiale originale. Aladdin, con la sua atmosfera colorata, i numeri musicali e l’indimenticabile Genio doppiato da Robin Williams, occupa un posto speciale nel cuore di molti. Vederlo rielaborato in chiave demoniaca potrebbe suscitare più critiche che consensi.

Aladdin: The Monkey’s Paw si inserisce dunque in un filone in espansione, pronto a riportare in scena storie note sotto una luce completamente diversa. Sarà un esperimento riuscito o solo un altro tentativo di cavalcare l’effetto nostalgia in chiave shock? Di certo, la curiosità attorno al progetto è già altissima. Il mondo delle fiabe non è mai stato così spaventoso.

Fonte: Deadline

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Questo dimenticato film sulla preistoria è arrivato su Netflix… ma tutti si stanno facendo la stessa domanda dopo averlo guardato 15 Apr 5:47 AM (2 days ago)

Una scena del film Alpha

Dopo anni di oblio, Alpha è tornato sotto i riflettori grazie al suo debutto su Netflix. Uscito nel 2018, il film era passato quasi inosservato al momento della sua distribuzione nelle sale, ma ora ha trovato nuova linfa grazie al pubblico della piattaforma streaming, che lo sta riscoprendo e condividendo con entusiasmo. Ambientato durante l’ultima era glaciale, Alpha racconta una storia di sopravvivenza, amicizia e legame con la natura che sta conquistando spettatori di tutte le età.

La trama segue le vicende di Keda (Kodi Smit-McPhee), un giovane cacciatore che, ferito e separato dal suo gruppo, deve affrontare il gelido e ostile mondo preistorico per trovare la strada di casa. Lungo il cammino, incontra un lupo anch’esso solo e ferito: tra i due nasce un legame profondo e inaspettato, che diventa il cuore del film. Alpha non è solo una storia d’avventura, ma anche un’ipotesi suggestiva su come potrebbe essere nato il rapporto tra uomo e cane, uno dei più antichi e forti nella storia dell’umanità. Ma al di là delle emozioni e delle immagini mozzafiato, c’è una domanda che sta tormentando tutti gli spettatori: che lingua stanno parlando i personaggi?

Il film è interamente parlato in un idioma misterioso, sconosciuto e affascinante. E no, non si tratta di una lingua antica realmente esistita: è stata inventata da zero. Per dare realismo alla vicenda ambientata oltre 20.000 anni fa, i creatori hanno deciso di rinunciare all’uso delle lingue moderne e costruire un linguaggio plausibile per l’epoca. Così è nato Beama, un idioma creato appositamente per il film dalla linguista e antropologa Christine Schreyer, docente alla University of British Columbia e già coinvolta nella costruzione di linguaggi artificiali per film come Man of Steel e Power Rangers.

Schreyer ha basato Beama su diversi protolinguaggi ipotetici, come il proto-nostratico o il proto-eurasiatico, utilizzando tecniche di ricostruzione linguistica e una buona dose di immaginazione. In pratica, ha creato un linguaggio che suonasse plausibile per l’epoca, coerente dal punto di vista fonetico, morfologico e grammaticale, ma che fosse anche accessibile e memorizzabile per gli attori.

Non si è trattato di assemblare suoni casuali: la costruzione di Beama ha richiesto mesi di studio e un’intera sceneggiatura tradotta. Ogni battuta doveva essere pronunciabile, comprensibile nei contesti emotivi e credibile come lingua viva. Gli attori, tra cui il talentuoso Jóhannes Haukur Jóhannesson (Game of Thrones), hanno dovuto imparare fonemi e frasi completamente nuovi. Ma il risultato ha ripagato ogni sforzo: secondo lo stesso Jóhannesson, Beama “non è un insieme di suoni inventati, è una lingua strutturata con coerenza e maestria”.

Grazie a questo impegno, Alpha raggiunge un livello di autenticità raramente visto nel cinema storico o preistorico. Il linguaggio si fonde perfettamente con la fotografia, i costumi, i paesaggi e gli oggetti di scena, contribuendo in modo decisivo a immergere lo spettatore in un mondo lontano e affascinante.

Il film, diretto da Albert Hughes, è stato elogiato anche per la sua estetica raffinata, le inquadrature spettacolari e il suo ritmo contemplativo. Ma oggi, a distanza di anni, è proprio l’uso coraggioso e innovativo del linguaggio a farne un piccolo cult su Netflix. Gli spettatori, abituati a film d’azione più convenzionali, restano affascinati dalla scelta di raccontare una storia così antica con parole mai sentite prima ma che sembrano familiari.

Leggi anche: «Meglio di The Walking Dead»: questa serie Netflix con gli zombie è assolutamente da recuperare

Fonte: MovieWeb

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