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Jackson LM-87 Pro Series: la chitarra signature di Lee Malia (Bring Me the Horizon) 12 Apr 7:14 AM (2 days ago)

Jackson amplia la sua linea di strumenti signature con la nuova LM-87 Pro Series, realizzata in stretta collaborazione con Lee Malia, chitarrista dei Bring Me The Horizon.

Una chitarra concepita per offrire prestazioni elevate, capace di rispecchiare tanto l’aggressività quanto la raffinatezza tecnica del musicista.

Per il metal moderno ma con uno sguardo al vintage

La LM-87 adotta un design ispirato alla storica Surfcaster, rivisitato in chiave moderna per soddisfare le esigenze di un chitarrista abituato a muoversi tra riff e sezioni soliste al fulmicotone.

Il corpo in okoume è abbinato a un manico set-neck a tre pezzi, anch’esso in okoume, con rinforzi in grafite per una maggiore stabilità strutturale e resistenza ai cambiamenti climatici.

La finitura a poro aperto esalta il carattere naturale del legno, mentre i dettagli estetici, come il pickguard a tre strati e l’hardware cromato, conferiscono alla chitarra un’identità visiva ben definita, tra estetica retrò e grinta contemporanea.

Comfort e precisione sul manico

Il manico adotta un profilo D sottile, progettato per facilitare passaggi veloci e precisione negli assoli.
La tastiera in amaranth con radius compound 12″-16″ permette un setup comodo sia per il ritmo che per le parti soliste, con un’azione bassa e una curvatura progressiva pensata per adattarsi allo stile moderno.

Pickup custom e versatilità

Cuore del progetto, come in ogni chitarra signature che si rispetti, è la configurazione elettronica.
I pickup Jackson LM-87 custom wound offrono un’ampia gamma timbrica, pensata per supportare i suoni corposi ma allo stesso tempo dinamici che caratterizzano lo stile di Malia.

Il pickup al ponte è dotato di coil-split attivabile via push-pull, offrendo così una palette timbrica estesa che va dai suoni humbucker pieni e aggressivi a quelli single-coil più taglienti e definiti.

Jackson LM-87

Ponte TOM e stabilità

Il ponte Tune-o-Matic con tailpiece e fine tuners garantisce intonazione stabile anche in accordature ribassate, facilitando regolazioni di precisione senza compromettere la tensione generale delle corde.

Una configurazione che privilegia la sustain, la precisione nelle regolazioni e la solidità dell’insieme, elementi essenziali per affrontare le richieste tecniche del metal attuale.

Disponibile al prezzo indicativo di 899,99 dollari, questa nuova signature conferma l’attenzione di Jackson verso i musicisti attivi nella scena metal contemporanea, fornendo loro strumenti costruiti su misura per performance senza compromessi.

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Pre e finali Exposure XM, fatevi avvolgere dal british sound 12 Apr 2:52 AM (2 days ago)

Preamplificatore versatile e finali mono con ingressi XLR o RCA, questo trio può essere la scelta definitiva dell’appassionato amante di un suono non aggressivo, riposante, ma potente e perentorio. Consigliato un pre-phono separato se gli si collega un giradischi di classe.

Dopo l’apprezzata prova dell’integrato Exposure 2510, l’attenzione si sposta su un sistema più articolato ma di dimensioni compatte: il preamplificatore Exposure XM7 e i finali monofonici XM9, elementi della serie XM (Exposure Mini), pensata per offrire componenti hi-fi di qualità in formato ridotto.
L’intento è chiaro: coniugare prestazioni elevate e ingombro contenuto, andando incontro alle esigenze di chi ha spazi domestici limitati ma non vuole rinunciare a un ascolto di livello.

Dal punto di vista sonoro, l’unione di pre + finali conserva l’impronta tipica di Exposure: bassi caldi, una gamma media dettagliata ma mai eccessiva, alti ariosi e una scena sonora ampia, soprattutto in larghezza. La profondità dell’immagine, invece, è meno pronunciata, con gli strumenti che tendono a restare su un piano arretrato. Tuttavia, il risultato complessivo è coinvolgente e ben bilanciato, soprattutto utilizzando ingressi linea e sorgenti digitali esterne di qualità.

Il DAC interno dell’XM7 si è dimostrato sorprendentemente valido, con una resa vivida e naturale anche in confronto a sistemi UPnP/DLNA. Meno convincente, pur rimanendo valida, la sezione phono MM, che non raggiunge lo stesso livello di raffinatezza delle altre sezioni.

Exposure XM7 e XM9 rappresentano una soluzione intelligente e ben riuscita, perfetta per spazi ridotti ma con ambizioni sonore elevate.
Il prezzo totale del trittico (XM7 a 2.170 euro + XM9 a 2.970 euro la coppia) è sicuramente importante, ma proporzionato a quanto offerto in termini di costruzione, musicalità e praticità.

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Tone King Imperial Preamp: valvole, effetti e IR in un solo pedale 11 Apr 5:34 AM (3 days ago)

Tone King amplia la sua proposta con l’Imperial Tube Preamp, un pedale pensato per portare il carattere autentico degli amplificatori valvolari americani su qualsiasi pedaliera, senza compromessi.

Un progetto che recupera l’anima dell’amato Imperial MKII, condensandola in un formato compatto ma estremamente sofisticato, arricchito da una dotazione di funzionalità moderne.

Tone King Imperial Preamp

Due canali, due epoche

Il cuore del pedale è costituito da due canali distinti, ciascuno progettato per evocare una delle due epoche più significative della storia del suono valvolare americano.

L’Imperial Preamp utilizza tre valvole 12AX7 alimentate ad alta tensione, esattamente come nell’amplificatore da cui deriva. Non si tratta di un semplice emulatore, ma di una vera sezione preamplificatrice a valvole reali.

Riverbero a molla e tremolo stereo

La presenza di riverbero e tremolo stereo non è una semplice aggiunta, ma una parte integrante della filosofia sonora del pedale. I due effetti, attivabili separatamente per ciascun canale, sono ispirati fedelmente a quelli del combo originale.

Pur essendo digitali, la loro resa timbrica è profondamente radicata nel linguaggio degli anni d’oro della chitarra elettrica, con una tridimensionalità che valorizza ogni nota.

IR e versatilità

L’IR loader integrato, con latenza minima, offre una serie di cabinet virtuali selezionati con grande cura. Tra i 15 IR firmati OwnHammer preinstallati, si trovano:

Ciascun canale dispone di tre slot selezionabili tramite switch dedicati, e il chitarrista può caricare i propri IR tramite il software Tone King Editor.

Tone King Imperial Preamp

Software dedicato e MIDI avanzato

Il software Editor, sviluppato in collaborazione con Synergy, consente di modificare in profondità ogni parametro, dall’equalizzazione alla risposta in frequenza del power amp simulato.

Il pedale è completamente MIDI compatibile, con la possibilità di salvare e richiamare fino a 128 preset, rendendolo adatto anche a situazioni live complesse e setup digitali.

Integrazione con altri amplificatori e preamp

L’Imperial Preamp può essere facilmente inserito in un setup esistente, sia come front-end alternativo al preamp di un amplificatore (basta una connessione a tre cavi in presenza di un loop effetti in serie), sia combinato con altri preamplificatori dotati di loop per creare veri e propri sistemi multicanale da pedaliera.

Inoltre, i suoi effetti di riverbero e tremolo possono essere assegnati anche ad altri canali esterni, ampliando ulteriormente la versatilità del sistema.

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Indipendenza delle mani: il cuore della tecnica pianistica 11 Apr 2:14 AM (4 days ago)

Tra le sfide più ostiche che ogni aspirante pianista deve affrontare, l’indipendenza delle mani occupa sicuramente un posto di rilievo. È un aspetto tanto fondamentale quanto sfuggente: richiede tempo, metodo e una buona dose di pazienza.

Ma soprattutto, serve un lavoro mirato che tenga conto non solo della meccanica del gesto, ma anche del modo in cui si pensa e si ascolta mentre si suona.

Cosa significa davvero “indipendenza delle mani”?

Non si tratta soltanto di suonare due cose diverse contemporaneamente. L’indipendenza è la capacità di far lavorare le mani su piani musicali differenti – ritmici, dinamici, espressivi – senza che una condizioni l’altra.
In altre parole, è quando una mano “fa da sé” mentre l’altra può dedicarsi ad altro, che sia una linea melodica, un accompagnamento, un ostinato o un pattern ritmico.

Il principio della familiarità automatica

La chiave iniziale è fare in modo che almeno una delle due mani esegua un compito “automatico”, ossia qualcosa che non richiede attenzione consapevole.
Questo concetto si applica spesso al walking bass, che viene definito “walking” proprio perché dovrebbe risultare naturale come camminare. Se una mano è impegnata in un pattern ormai interiorizzato, l’altra è libera di concentrarsi su un fraseggio più complesso o variabile.

Esercizi fondamentali

Tra ritmo, articolazione e dinamica

Le combinazioni più efficaci per iniziare a lavorare sull’indipendenza si basano sull’alternanza di ruoli tra le mani. Un approccio molto funzionale prevede che una mano suoni note regolari (come quarti) mentre l’altra interviene su battute dispari o sincopate, variando anche l’articolazione (legato/staccato) e la dinamica (piano/forte).

Un esercizio classico consiste nel far suonare a una mano degli accordi su ogni battito, mentre l’altra li inserisce in momenti ritmicamente sfalsati (per esempio sulla seconda e quarta battuta). A questo si possono aggiungere difficoltà ulteriori:

Il risultato non è solo tecnico, ma anche musicale: si comincia a percepire una struttura sonora coerente, utile anche per l’improvvisazione e la composizione.

Molti dei pattern possono essere facilmente integrati in contesti musicali reali: blues, pop, ballad. Un esercizio ritmico con la sinistra può trasformarsi in un accompagnamento, mentre la destra sviluppa una melodia.

Variazioni ritmiche su note fisse

Uno degli approcci più semplici ma sorprendentemente efficaci per sviluppare l’indipendenza consiste nel combinare pattern ritmici diversi su una sola nota o posizione.

Si parte così:

Poi si passa a varianti via via più complesse:

Consiglio: contare ad alta voce (uno-e-due-e-tre-e-quattro-e) aiuta a mantenere salda la struttura ritmica e capire “quando” le due mani devono agire insieme o separatamente.

Una volta interiorizzato il principio, si può iniziare a spostare la mano sinistra su altre note (ad esempio, i cinque tasti della scala pentatonica) per aumentare la musicalità. Il suono resta semplice, ma il coordinamento si allena moltissimo.

Movimento contrario e controllo delle dita

Uno degli strumenti più noti per affrontare il problema è il moto contrario. Far muovere le mani in direzioni opposte – spesso sulle stesse note, ma a distanza di ottava – aiuta a rompere la tendenza del cervello a voler sincronizzare i movimenti.

Qui entrano in gioco anche esercizi di controllo fine delle dita. Jordan Rudess, celebre tastierista dei Dream Theater, propone una tecnica basata sul “mirroring” tra le mani, in cui si suonano accordi pieni e si sollevano selettivamente coppie di dita (per esempio 3° e 5°) per sviluppare la precisione e la consapevolezza del movimento.
Il tutto va fatto senza tensione, mantenendo le braccia rilassate.

Semplicità prima della complessità

Una delle regole d’oro è: procedere per gradi. Non serve affrontare da subito ritmi asimmetrici o pattern elaborati. Meglio partire da combinazioni essenziali, come due contro uno (due note in una mano per ogni nota dell’altra), o tre contro due, e costruire solidità.

Alcuni esercizi suggeriscono di mantenere fisso un pattern nella mano sinistra e fare variazioni ritmiche o melodiche nella mano destra. La difficoltà cresce notevolmente se si invertono i ruoli.
Questo perché molte volte, come sottolineano diversi insegnanti, è la mano non dominante a mancare di stabilità e autonomia.

La memoria muscolare e la consapevolezza tattile

Un aspetto spesso sottovalutato è il riconoscimento tattile della tastiera. Sempre Jordan Rudess parla spesso di come riesca a orientarsi al buio sul pianoforte semplicemente “leggendo” la disposizione dei tasti neri.

Questo tipo di sensibilità consente, ad esempio, di affrontare i salti di ottava senza guardare, utile per pattern di basso “saltellanti” tipici del jazz o del ragtime.

Un percorso, non un traguardo

L’indipendenza delle mani non si raggiunge in una settimana. È un processo continuo, fatto di piccoli progressi e ricadute. Ma con pazienza, esercizi ben scelti e un approccio consapevole, si può – e si deve! – trasformare una difficoltà iniziale in una delle risorse espressive più potenti del pianista.

Impara di più con i corsi su Musicezer

Vuoi progredire davvero nella tua conoscenza del pianoforte, nella tecnica e nella teoria musicale? Allora dai un’occhiata a questi due videocorsi sulla nostra piattaforma didattica online Musicezer:

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Dal 15 maggio il jazz invade il Piemonte: parte il Jazz Festival diffuso 11 Apr 12:50 AM (4 days ago)

Dal 15 maggio al 12 novembre, il Piemonte si trasformerà in un palcoscenico diffuso grazie al ritorno del Torino Jazz Festival Piemonte, un progetto che mira a portare la musica jazz ben oltre i confini delle città, valorizzando il legame tra territorio e cultura.

L’iniziativa, promossa da Fondazione Piemonte dal Vivo in collaborazione con la Fondazione per la Cultura Torino e il suo Torino Jazz Festival, vuole creare connessioni tra piccoli comuni e grandi artisti, costruendo un dialogo che coinvolge ascoltatori di ogni età e provenienza.

Fondamentale anche la collaborazione con il Consorzio Piemonte Jazz e il contributo di realtà come Reale Mutua, Ancos Aps e Confartigianato Imprese Piemonte, che rendono possibile la realizzazione di questo vasto programma.

Dalle metropoli ai paesi: il jazz che unisce

Con 23 concerti distribuiti in 16 diversi comuni, il Tjf Piemonte 2025 si presenta come un progetto di ampio respiro che mette al centro la valorizzazione dei luoghi e il coinvolgimento delle comunità locali. Ogni tappa rappresenta una tappa di un itinerario che mescola arte, paesaggio e convivialità, consolidando l’identità culturale della regione.

L’intento dichiarato è quello di superare la logica dell’evento centralizzato, portando la musica là dove spesso fatica ad arrivare. Un’occasione per riscrivere il rapporto tra arte e territorio, favorendo l’incontro diretto tra artisti e pubblico in contesti intimi e suggestivi.

Torino Jazz Festival

Un’anteprima nella cornice della Reggia di Venaria

Prima dell’avvio ufficiale della rassegna, il pubblico potrà vivere un’anteprima speciale durante le festività pasquali.
Il Jazz Blooming, in programma il 19, 20 e 21 aprile nella splendida cornice della Reggia di Venaria, offrirà un assaggio delle atmosfere e delle sonorità che caratterizzeranno l’intero festival.

Un appuntamento pensato non solo per gli appassionati del genere, ma anche per chi desidera avvicinarsi al jazz in modo accessibile e coinvolgente, in uno dei luoghi simbolo del patrimonio artistico piemontese.

Un festival che parla alla comunità

Il Torino Jazz Festival Piemonte conferma la propria vocazione partecipativa, proponendosi come strumento per rafforzare il tessuto culturale e sociale della regione. Ogni concerto rappresenta un’occasione di incontro, un momento in cui la musica diventa veicolo di ascolto, dialogo e condivisione.

>>> Consulta ora il programma completo del Festival <<<

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Frustrazione? Ecco come affrontare i momenti più duri da musicista 11 Apr 12:06 AM (4 days ago)

Con questo articolo siamo giunti alla fine della mini-serie “Da Sogno a Realtà“, ma prima di concludere volevo parlarti di un altro argomento molto importante e che molto spesso viene messo in secondo piano, ovvero la frustrazione.

È inevitabile che prima o poi si manifesti, che tu sia o no la persona più motivata dell’universo. Arriverà il momento in cui andrai in stallo e inizierai a chiederti se quello che stai facendo è abbastanza e se tu sarai mai all’altezza del progetto che stai affrontando (e potrebbe capitare anche più di una volta nella tua carriera, NdR).

Foto di Ketut Subiyanto – CC0

Devi mettere in conto che il non essere all’altezza a volte potrebbe essere una verità da accettare, in tal caso toccherà iniziare un ulteriore processo interiore per determinare quale sia il percorso giusto per migliorare e andare avanti.
Se invece così non è, come nella maggior parte dei casi, bisogna imparare a combattere la frustrazione perché il modo in cui affrontiamo le situazioni potrebbe determinare il successo o il fallimento del nostro progetto: molte persone competenti in ciò che fanno finiscono per non realizzare i propri desideri proprio a causa di questa vocina nella testa che gli dice che “non sono abbastanza”.

Ovviamente, come molti degli altri temi trattati nei precedenti articoli, quello di cui parlerò oggi sono solo consigli che ho imparato dai miei mentori, dalla famiglia e dalle esperienze personali e, in quanto tali, non hanno la pretesa di essere seguiti alla lettera.
Provali uno ad uno e vedi quello che succede!

Foto di Ola Dapo – CC0

Eccoci arrivati alla fine, vorrei terminare questo ultimo articolo ricordandoti che, citando Eraclito, “non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume perché il fiume scorre di continuo e anche noi cambiamo di continuo”.

Ogni giorno siamo una persona completamente diversa rispetto a quella che eravamo il giorno prima perciò, ad ogni risveglio, potremmo trovare nuovi fonti d’ispirazione ovunque.

Ti ringrazio di cuore per aver seguito questa rubrica fino a questo punto, ma ora vai, sii libero, lasciati guidare dal tuo istinto e realizza la migliore arte possibile!

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Action della chitarra regolabile al volo: la novità firmata Taylor Guitars 10 Apr 10:07 AM (4 days ago)

Taylor Guitars ha appena presentato una nuova soluzione costruttiva per il manico delle sue chitarre acustiche: si chiama Action Control Neck e vuole riscrivere le regole di una delle regolazioni più delicate e importanti per il playing dei chitarristi.

Il sistema, coperto da brevetto, consente ai musicisti di regolare l’altezza delle corde (action) con estrema precisione in pochissimo tempo, senza dover compiere operazioni invasive e che richiedono tempo e pazienza… a volte molta!

Un’evoluzione nel solco della tradizione Taylor

Questa nuova configurazione arriva come evoluzione del celebre manico “NT”, introdotto dall’azienda nel 1999, segnando un altro passo avanti nella lunga ricerca di Taylor sulla stabilità e l’ergonomia dello strumento.
Il designer e CEO Andy Powers, figura centrale di questa innovazione, ha dichiarato:

“Con questo nuovo design, offriamo la chitarra più precisa e facilmente regolabile che abbiamo mai costruito” (Andy Powers).

La nuova struttura si basa su un long tenon (la parte di manico che va a inserirsi nel body della chitarra) che penetra più in profondità nel blocco del corpo, eliminando la necessità di spessori intermedi.

La regolazione dell’action avviene tramite una semplice rotazione di un giravite da 1/4 di pollice, attraverso la buca sulla tavola armonica, con un intervento alla portata di qualsiasi chitarrista.

Vantaggi pratici per ogni contesto

Taylor sottolinea come questo approccio risulti particolarmente efficace per i musicisti professionisti in tour, i cui strumenti sono esposti a continui cambiamenti di temperatura e umidità.
Il sistema consente infatti di compensare rapidamente gli effetti di variazioni ambientali, mantenendo stabile la geometria del manico.

Ma i benefici non si fermano qui. I chitarristi da studio possono passare in modo istantaneo da uno stile all’altro – per esempio da un’esecuzione fingerstyle a una con slide – senza dover cambiare chitarra o modificare l’assetto dello strumento.
Anche chi suona per diletto può apprezzare la possibilità di intervenire con semplicità nel tempo, senza doversi rivolgere ogni volta a un tecnico specializzato.

Taylor guitars

Una novità per ora riservata alla Gold Label Collection

L’Action Control Neck è stato introdotto inizialmente con la Gold Label Collection, una serie esclusiva lanciata all’inizio dell’anno, in concomitanza con il NAMM.
Questa linea si distingue per uno stile ispirato alle chitarre degli anni ’30 e ’40, con un corpo Super Auditorium che evolve la celebre forma Grand Auditorium di casa Taylor.

Per maggiori informazioni su questa novità e sulle chitarre Taylor, potete contattare uno dei dealer ufficiali più apprezzati in Europa, ovvero il negozio italiano Sergio Tomassone.

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Alex Lifeson dei Rush: perché ho abbandonato gli assoli 9 Apr 11:27 AM (5 days ago)

Alex Lifeson è da sempre una figura centrale nel sound dei Rush, soprattutto in quella stagione musicale degli anni ’70 in cui la chitarra elettrica era il fulcro timbrico della band canadese.

Brani come “La Villa Strangiato” e “Working Man” sono diventati simbolo di una scrittura che faceva della 6 corde una vera e propria voce solista. Ma col passare degli anni, Lifeson ha progressivamente ridefinito il proprio ruolo all’interno del trio.

Il passaggio dagli assoli ai sintetizzatori

Con l’arrivo degli anni ’80, il suono dei Rush ha iniziato a virare verso un maggior uso dei synth e di suoni d’ambiente, segnando un’evoluzione che non fu priva di conseguenze anche per il chitarrista. Come lo stesso Lifeson ha spiegato in una recente intervista, la presenza degli assoli è andata via via riducendosi:

“Anche nei Rush, verso la fine, ero restio: non suonavo più così tanti assoli. Volevo allontanarmi da quella dimensione” (Alex Lifeson).

Il cambiamento non era soltanto musicale, ma profondamente concettuale. Se inizialmente ogni brano lasciava spazio a una parte solista, anche solo potenziale, col tempo la logica di arrangiamento si è fatta più collettiva, meno centrata sull’esposizione virtuosistica del singolo strumento.

L’evoluzione di un approccio

Lifeson ha descritto questa transizione come un desiderio di non attirare troppa attenzione su di sé, una sorta di maturazione artistica che ha messo al centro la canzone più che il chitarrista.
“Forse sembrava una follia, ma in quel momento mi sembrava giusto così” ha commentato, rievocando il pensiero che lo ha accompagnato in quegli anni.

Envy of None: l’importanza del contesto

Questo approccio si è consolidato con la nascita del suo progetto post-Rush, Envy of None, dove Lifeson ha adottato un ruolo ancora più defilato. Insieme a Andy Curran, Alfio Annibalini e alla cantante Maiah Wynne, il chitarrista ha dato vita a una band che affonda le radici in sonorità ambient e industrial, ben lontane dai palcoscenici progressive degli anni d’oro.

Nel raccontare l’approccio compositivo di Envy of None, Lifeson ha sottolineato come il suo obiettivo fosse quello di servire la musica, piuttosto che brillare in superficie:

“Ora per me è più importante stare al servizio della canzone. Non voglio essere una distrazione, ma creare connessione” (Alex Lifeson).

Un nuovo modo di intendere la chitarra

Questa filosofia si riflette anche nelle scelte timbriche e tecnologiche. Dopo anni di fedeltà agli amplificatori valvolari, Lifeson ha iniziato a esplorare il mondo dei modelli digitali, sperimentando nuove soluzioni per valorizzare le texture piuttosto che la pura potenza.

Quello di Alex Lifeson non è solo un percorso individuale, ma il riflesso di un’intera epoca che ha messo in discussione il ruolo tradizionale della chitarra solista nel rock. Non si tratta di rinnegare il passato, quanto piuttosto di ricercare un nuovo equilibrio:

“Ho uno stile e un carattere riconoscibili nei miei assoli, ma oggi voglio sentirmi parte dell’insieme, non il protagonista” (Alex Lifeson).

Una visione che conferma la coerenza di un artista che ha saputo adattarsi senza snaturarsi, capace di attraversare decenni di musica mantenendo viva una curiosità che va ben oltre le sei corde.

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Negrita Tour 2025: Roma è la prima tappa per una VERA band! 9 Apr 12:30 AM (6 days ago)

Martedì 8 aprile 2025: si parte… o meglio, si riparte! Un nuovo disco, un nuovo set di live, e anche noi siamo lì, per la prima tappa del tour dei Negrita, all’Atlantico Live di Roma.

Ospiti di Drigo, storico chitarrista della band, abbiamo potuto assistere da vicino a una serata che ha confermato ancora una volta che essere band, oggi, è non solo possibile, ma necessario.

Una “famiglia” sul palco, un muro di suono

Intanto, l’allestimento: sempre curato nei minimi dettagli, pensato per creare relazione, scambio visivo e musicale tra tutti i membri sul palco. Una band che suona insieme – e qui il concetto di “insieme” non è retorica. È realtà sonora.

Il sound arriva come un muro, non solo acusticamente, ma nella forma di una coesione maturata in decenni di lavoro.
Basso, batteria, chitarre, tastiere e la voce di Pau formano un’unica cosa. Ogni elemento lavora con e per l’altro.

È interessante notare anche il feeling intensissimo tra il rullante della batteria e il cembalo di Pau che “tirano indietro” proprio nei momenti di massimo groove, creando quel tipo di tensione emotiva che ti fa vibrare dentro e ti fa ballare!

Il motore ritmico è solido, travolgente. La sezione ritmica lavora come un’unica entità, compattata da un saldo collante, nel modo che solo i gruppi veri sanno portare on stage.
Ma non è solo groove: è anche scrittura, arrangiamento, un interplay chitarristico curato, intenso ma mai eccessivo. Cesare e Drigo hanno suonato con suoni sempre a fuoco, assoli mai invadenti, con una intonazione killer.

E a sorpresa – almeno per noi, che non li vedevamo dal vivo da qualche anno – abbiamo sentito anche Drigo cantare. Una bella sorpresa, dentro un’esperienza che conferma quanto i Negrita siano un esempio raro in Italia: una band vera, non un insieme di solismi ben confezionati.
Ognuno ha un valore artistico enorme, ma è la somma, la chimica, il suonare fianco a fianco come pezzi di un puzzle, che crea qualcosa di più grande.

Tutto rigorosamente live! Certo, con qualche sequenza a supporto, ma la sostanza è fatta di strumenti veri, sudore, cambi, backliner attentissimi, strumenti sempre intonati, grinta. Questo è quello che ti fa dire: sì, si può ancora suonare dal vivo nel 2025 e farlo bene.

Due chitarre, due fratelli nel suono (e nella vita)

Da nerd delle chitarre, una piccola nota su Drigo e Cesare.
Un connubio perfetto tra suono e arrangiamenti. Non di rado si possono gustare due chitarristi così ben assortiti e che si stimino così tanto. Passare del tempo con loro prima e dopo il concerto è stato un bel balsamo in contrapposizione tutto il “rumore egotico” che si legge sui social.
Cesare poi è l’anima della sperimentazione, anche elettronica e liuteristica e ha contagiato tutta la band con la sua capacità di “customizzare” hardware oltre che suoni e ritmiche.

Drigo infine è per me un chitarrista che è sempre una garanzia e che con il passare del tempo, se possibile, è ancora migliorato e cresciuto artisticamente.

Mi sembra doveroso dire che rimane uno dei migliori chitarristi che io abbia mai sentito dal vivo.
Raramente ho potuto gustare quel mix di intenzione, suono, capacità di far “cantare” lo strumento, intonazione sempre perfetta e un solismo attento a fare ciò che serve perché sia al servizio del brano e della band.
Un bellissimo “modello” di cosa si dovrebbe fare veramente con la chitarra in un gruppo.

Se c’è la band, il pubblico risponde

La location era al suo massimo, 2.500, forse 3.000 persone. Ma la cosa che ci ha colpito di più? Quasi nessun cellulare alzato.
La gente voleva esserci, voleva cantare, ballare, godersi il concerto. E c’era di tutto: ragazzi giovanissimi, adulti, sessantenni e oltre. Uno spaccato vero, vivo, di quello che la musica può fare.

Noi eravamo nella zona stampa, in alto. Da lì, vedi tutto: il palco, il pubblico, l’energia che rimbalza.
Ed è stato davvero bello vedere che Pau è ancora e sempre un frontman che domina la scena, ma lo fa col supporto potente del resto della band.
Nessuno si è risparmiato, due ore dritte di concerto, e poi addirittura mezz’ora di bis, con la gente ancora carica.

Il nuovo disco, Canzoni per anni spietati, ha la forza dell’esperienza accumulata nei decenni, ma resta coerente con la tradizione Negrita, anzi, recupera anche la carica viscerale e rock del passato: c’è il groove, una scrittura mai banale, suoni veri, cuore.
Niente canzoni scritte per le hit radiofoniche, nessun compromesso.

C’è una necessità artistica che si sente, che pulsa in ogni brano, non solo musicale, ma anche di messaggio: un disco di protesta, un disco ribelle che cerca di dare uno scossone per sfuggire al quotidiano, al tossico giornaliero, per aprire una finestra, respirare, riempire i polmoni di aria pulita.

La rivoluzione ama le cose vere

In un mondo dove va di moda ottimizzare tutto – dall’intelligenza artificiale alla produzione musicale più veloce e piatta – i Negrita si prendono il loro tempo, suonano insieme, vivono ogni nota.
Dopo oltre 30 anni, non inseguono le mode: continuano a fare rock, a essere una band.

E forse è proprio questo il punto: i battitori liberi oggi sono ovunque, ma artisticamente parlando la band, quella vera, quella che lavora insieme e respira come un organismo unico, è ancora l’unica vera rivoluzione.

E se il Tour 2025 parte così, possiamo solo aspettarci altre serate memorabili.
Lunga vita ai Negrita e alle band.

Le date del tour 2025

La video intervista a Drigo

Lo scorso anno abbiamo avuto il piacere di intervistare Drigo con un bel video realizzato dal nostro sempre ottimo Gaspare Vaccaro.
Se te la sei persa, clicca sull’immagine qui sotto per andare all’articolo e al video!

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Ampli per cuffie Erzetich Perfidus: lo stato solido che suona valvolare 8 Apr 10:35 PM (6 days ago)

L’Erzetich Perfidus nasce dalla mente e dalle mani di Blaz Erzetich, un artista poliedrico e soprattutto musicista (con ben 4 album all’attivo) con anche una certa expertise nell’elettronica ed ingegneria del suono.

Lui stesso disegna, progetta e costruisce i suoi amplificatori e cuffie nel proprio workshop in Slovenia, in maniera interamente artigianale. 

Iniziano le peculiarità: la scheda tecnica

Guardando la scheda tecnica fornita dal produttore notiamo che mancano due dati generalmente presenti, la potenza erogata e l’impedenza in uscita:

Non sono però omissioni maliziose, ma semplicemente dati da interpretare in modo diverso, in quanto queste due specifiche sono implementate in modo unico e sono costanti al di là del carico che andremo a richiedere all’amplificatore.

Erzetich Perfidus

Non è quel che sembra

Il perfidus infatti eroga 350mW di potenza reale in classe A in qualunque condizione, permettendomi di pilotare ogni cuffia con cui l’ho provato senza mai superare neanche ¼ della corsa del potenziometro.

L’impedenza di uscita è invece di circa 60 Ohm (dato fornitomi da Blaz Erzetich durante una nostra conversazione scritta), dato che effettivamente andrebbe a spiegare alcune delle caratteristiche sonore che ho riscontrato in questo splendido amplificatore, per quanto lo stesso Blaz indichi come il sistema da lui creato tenda a linearizzare il carico richiesto dalla cuffia.

Una cuffia che mi ha fatto innamorare di questo malvagio amplificatore è stata la ZMF Auteur Classic, una cuffia a driver dinamico in biocellulosa da 300 Ohm, che notoriamente dà il suo meglio proprio su amplificatori valvolari OTL.
Cosa hanno in comune il Perfidus e gli amplificatori valvolari OTL? L’impedenza di uscita “alta” e l’erogazione di potenza di un classe A!

Erzetich Perfidus

Ma quindi, come suona?

All’ascolto, il Perfidus sembra conferire allo stage una maggiore tridimensionalità, in particolare riguardo ai singoli suoni, che invece di risultare come punti piatti e bidimensionali, sembrano quasi avere una forma propria.
Anche la gamma bassa, in particolare su cuffie a driver dinamico ad alta impedenza, risulta più impattante e corposa, sebbene potenzialmente leggermente meno rigida rispetto ad un amplificatore a stato solido “standard”.

Il Perfidus è risultato un ottimo compagno anche per cuffie a driver magneto-planare o isodinamico come la Hifiman HE1000 Stealth, la Meze Empyrean II o la HEDDphone TWO GT, a driver AMT.

Il suo meglio però lo fornisce con cuffie come la Sennheiser HD600/650, ZMF Atrium, Auteur Classic, Verite Closed o Bokeh. Insomma, cuffie da valvolare!

Erzetich Perfidus

Il prezzo è giusto e non solo, se si bada al sodo

In chiusura, è giusto menzionare la totale assenza di qualsiasi regolazione ed opzione che non sia una singolo ingresso RCA, nessuna regolazione del gain, switch di accensione/spegnimento posteriore, singola uscita da 6.3mm ed un potenziometro molto gradevole da usare (con meccanica prodotta dalla ALPS, il meglio sul mercato commerciale). Molto solido e gradevole anche l’intero corpo in metallo.

Al prezzo a cui viene proposto, 999€ rappresenta un’opzione assolutamente interessante e che, plausibilmente, non avendo la dotazione di ingressi, uscite, guadagno, etc, di altri competitor può mantenere un prezzo così basso (considerando i prezzi medi degli amplificatori in classe A a componenti discreti, soprattutto quelli prodotti in Europa).

Erzetich Perfidus

Personalmente apprezzo moltissimo questo Erzetich Perfidus, anche per la straordinaria assistenza clienti che ho potuto riscontrare sia in prima persona che tramite conoscenti. Un prodotto unico e peculiare, che probabilmente suonerà diverso da ogni altro amplificatore che avete mai provato e che può donare parte della magia del valvolare senza alcuna rinuncia pratica.

Disclaimer: l’unità provata in questo articolo è stata acquistata direttamente da Erzetich per utilizzo personale.

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