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Cosa significa compost e quali sono i rifiuti compostabili 6 Apr 9:58 PM (yesterday, 9:58 pm)

L’ambiente è un tema di stretta attualità e, anche se si è appassionati al tema e attenti a rispettarlo, spesso ci sono alcune terminologie il cui significato può sfuggire. Può essere il caso del compost, ad esempio, del compostaggio e dei rifiuti compostabili.
Vediamo quindi meglio insieme di cosa si sta parlando, facendo chiarezza una volta per tutte.

Compost: significato e come si forma

Il compost è un materiale naturale ricavato dalla decomposizione degli scarti organici, che si trasforma in un fertilizzante ricco di nutrienti per il terreno. Il percorso che porta allo sviluppo del compost, conosciuto anche come “compostaggio”, avviene grazie all’azione di batteri e microrganismi che, in presenza di ossigeno, decompongono gli scarti vegetali e animali.

Ricapitolando, quando si parla di compost, quindi, si indica proprio questo prodotto finale, utile per arricchire il suolo e favorire la crescita di piante più sane. Se invece si cerca il significato compostaggio, quest’ultimo rappresenta un metodo di gestione dei rifiuti organici che trasforma rifiuti in risorsa, riducendo l’impatto ambientale e restituendo vita al terreno.

Entrando più nel dettaglio, il compost, chiamato spesso anche humus, è costituito da una miscela stabile di anidride carbonica, acqua, sali minerali e humus (quest’ultimo si forma naturalmente e non per mano dell’uomo). Attraverso il compostaggio, i rifiuti che andrebbero altrimenti destinati alla discarica, vengono trasformati in un ammendante prezioso per i terreni.

Infatti, l’azione dei microrganismi avviene in presenza di ossigeno e, durante il processo, le temperature aumentano fino a creare un effetto simile a quello della pastorizzazione. Questo fa sì che il compost sia anche igienizzato, eliminando patogeni e rendendolo sicuro per l’impiego in agricoltura e giardinaggio.

In questo modo, il compost migliora la struttura del terreno, arricchendo il suolo di sostanze organiche, favorendo la ritenzione dell’acqua e mettendo a disposizione nutrienti per le piante. Pertanto, il compost non solo riduce la dipendenza da fertilizzanti artificiali, ma contribuisce anche a una gestione sostenibile dei rifiuti, stabilendo un ciclo virtuoso tra natura e attività umana.

L’uso del compost è un ottimo esempio pratico di economia circolare, in quanto trasforma gli scarti quotidiani in un bene prezioso che, peraltro, serve anche ad adottare pratiche di coltivazione rispettose dell’ambiente.

garden-4725522_1280Quali sono i rifiuti compostabili

Va tuttavia precisato che non tutti i rifiuti organici possono essere sottoposti al processo di compostaggio. I materiali compostabili sono generalmente classificati in due categorie:

Per ottenere un compost di qualità, infatti, è molto importante avere il giusto equilibrio tra materiali di scarto verdi e materiali di scarto marroni.

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Esporre fotografie in modo originale per decorare casa: 4 consigli 2 Apr 9:16 PM (5 days ago)

Dover scegliere come occupare e decorare delle pareti libere non è sempre facile. Una parete bianca può mettere in crisi anche una mente creativa in un momento in cui non si ha ispirazione. Ci sono, però, delle soluzioni semplici e di grande impatto visivo che possono aiutare in questi momenti.
Per abbellire le pareti di casa, infatti, e raccontare la propria storia e il proprio modo di vedere il mondo, si possono utilizzare delle foto. Queste rappresentano, infatti, delle decorazioni molto indicate per personalizzare gli ambienti domestici. Esporre fotografie modo originale è l’ideale per decorare la propria casa, ed ecco qualche consiglio per farlo al meglio.

Mix and match

Allontanandosi dal classico modo di appendere le foto alle pareti, la prima cosa con cui si può giocare sono le cornici. Se tradizionalmente queste devono essere tutte uguali, quando si vuole ottenere un effetto più originale e creativo, l’ideale è il mix and match.

Questa tecnica consiste nel mixare e affiancare cornici totalmente diverse tra loro, sia per stile che per dimensione e colore, per creare una novità assoluta. Quando si adotta il mix and match, l’importante è non mettere mai due cornici uguali o simili vicine, e creare sorpresa e discontinuità.

Accostare una grande cornice in argento con una piccola in legno, infatti, o mettere una cornice a giorno vicino a una in stile shabby, può dare risultati davvero spettacolari e fantasiosi.

Per un effetto sorprendente, si deve giocare proprio con tutto, dalla dimensione delle cornici al loro orientamento, dalla disposizione alle foto stesse. Insomma, con il mix and match si può dare libero sfogo alla propria fantasia e, perché no, anche riciclare vecchie cornici e fare un po’ di decoupage. Questo metodo è utilissimo anche per realizzare progetti low budget.

frames-6199828_1280Partire dal centro

Nella disposizione delle foto non c’è nulla di peggio della disarmonia sulla parete. Infatti, non è affatto gradevole concentrare tutte le foto su un lato solo, oppure lasciare troppo spazio tra una foto e l’altra. Per riuscire a realizzare una composizione che abbia senso e che sia anche piacevole alla vista, la tecnica migliore è partire dal centro.

Si deve posizionare per prima la foto centrale, e poi da lì allargarsi man mano verso l’esterno, come una macchia d’olio che pian piano arriva a coprire tutto lo spazio a disposizione.

Con questa tecnica si possono creare tantissime combinazioni diverse, da quelle più geometriche e regolari a quelle più asimmetriche e fantasiose. Non si deve temere il risultato, perché a prescindere dalla disposizione delle foto, se si parte dal centro della parete si riuscirà ad occupare in modo omogeneo tutto lo spazio, senza lasciare spazi vuoti.

Non solo cornici

Per esporre fotografie modo originale non serve inventarsi chissà cosa, e a volte basta semplicemente togliere la cornice. Non si parla ovviamente di attaccare le foto direttamente al muro, ma di utilizzare accessori e oggetti diversi dalle cornici per appendere le foto sulla parete. Per fare qualche esempio, si può prendere uno spago e disporre vari fili su una parete ampia e orizzontale, e appendere le fotografie in formato polaroid con delle mollette colorate. Oppure si possono utilizzare, al posto dello spago, dei fili di luci a LED, per illuminare e conferire un’atmosfera più calda alle foto.

In commercio poi, esistono tantissimi supporti per fotografie senza cornici, e cercando un po’ online si ha l’imbarazzo della scelta. Un altro modo molto rustico e casalingo per abbellire le pareti con le foto senza usare le cornici, consiste nel fissarle a una bacheca con delle puntine colorate. Alle foto, in questo modo, si possono aggiungere anche biglietti di concerti, frasi, cartoline e via dicendo.

wall-art-7543387_1280Usare le mensole

Infine, una tecnica relativamente nuova per esporre le foto in modo creativo, è poggiare le foto incorniciate su delle mensole apposite.

In questo modo sulla parete si vedrà la linea orizzontale delle mensole, e le foto si potranno muovere liberamente, perché non ci sono chiodi a tenerle ferme. Grazie alle mensole quindi, si può cambiare in continuazione la sequenza delle foto, la loro grandezza e via dicendo, per un risultato dinamico e sempre aggiornato.

Per disporre le mensole, l’ideale è creare movimento sulla parete, alternando mensole piccole ad altre più grandi, e posizionandole in modo sfalzato. In questo modo lo sguardo è costretto a continui spostamenti, da una foto all’altra e da un’altezza all’altra, e il risultato che si ottiene è divertente, originale e anche molto aesthetic.

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Campi di lavanda in Italia: ecco alcuni dei più belli 31 Mar 9:08 PM (7 days ago)

Quando si pensa alla lavanda, la prima meta che viene in mente è sicuramente la Provenza. In realtà, però, anche in Italia ci sono numerosi campi di lavanda dove ammirare la fioritura e lasciarsi inebriare dall’intenso profumo di questo fiore.
Con l’avvicinarsi dell’estate, infatti, tutta la Penisola si tinge di viola, poiché la lavanda cresce spontaneamente sia sulle Alpi che sugli Appennini.
Per ammirarne tutta la bellezza, basta solo scegliere dove andare.

Quando fioriscono i campi di lavanda

La fioritura della lavanda è strettamente connessa alle temperature. Infatti, è un fiore estivo, che inizia a sbocciare quando arriva il caldo. Mediamente, il periodo di fioritura va dalla metà del mese di giugno fino a metà luglio.

A seconda delle annate, però, se il caldo tarda ad arrivare, la lavanda può anche farsi attendere fino a luglio. Al contrario, se l’estate fa capolino prima del solito, anche dalla fine di maggio i campi di lavanda possono iniziare a prendere colore.

lavender-3576129_1280I campi di lavanda in Italia

La lavanda, come accennato, è un fiore che cresce da sempre in Italia, anche se spesso non viene associata al nostro Paese. La fioritura spontanea avviene sia sui monti alpini che su quelli appenninici, ed è proprio per questo che si possono trovare meravigliosi campi di lavanda lungo tutto lo Stivale.

Dai campi piemontesi, passando per quelli umbri, fino ad arrivare a quelli della Calabria, la lavanda in Italia è diffusissima. Vediamo alcuni esempi tra i campi più belli del nostro territorio.

La lavanda in Piemonte

Una delle regioni italiane dove la fioritura della lavanda si può vedere maggiormente è il Piemonte. Qui il viola ha un contrasto splendido con il paesaggio delle Langhe e del Monferrato, e le colline sinuose di queste zone ospitano diversi campi dove recarsi per ammirare questo splendido fiore.

Non a caso, proprio la zona delle Langhe è conosciuta anche con il soprannome di Piccola Provenza del Piemonte.

Langhe

Il campo di lavanda di Sale San Giovanni si trova proprio qui, ed è uno dei più famosi in Italia. Situata in provincia di Cuneo, Sale San Giovanni è una località che ruota attorno a questo fiore. Ogni anno non mancano gli eventi a tema, le manifestazioni e i festival che celebrano proprio la lavanda e i suoi mille usi.

I visitatori qui possono perdersi tra i tanti percorsi naturalistici e paesaggistici, con la comodità di trovarsi a breve distanza da città come Milano e Torino. Inoltre, si può anche prendere parte a visite guidate alle coltivazioni e imparare tantissimo sulla lavanda.

Spostandosi nella Valle Stura, si trova Demonte. L’economia dell’intera valle era trainata proprio dalla lavanda fino alla prima metà del secolo scorso, e oggi, sebbene non sia più così, la lavanda rimane un perno attorno cui ruota la tradizione e la cultura locale.

Per scoprire la filiera della lavanda, e approfondire una delle sue lavorazioni, si può visitare la distilleria Rocchia, e poi ammirare la splendida distesa di viola che si trova lungo la statale 21.

Monferrato

Una zona in cui si può ammirare un campo di lavanda dietro l’altro è il Monferrato. Situata a circa un’ora di macchina da grandi città come Torino, Genova e Milano, questo territorio attira ogni anno migliaia di visitatori da tutta Europa proprio grazie alla lavanda.

Per iniziare, si può menzionare Ponti, dove la lavanda viene prodotta in modo biologico e dove è anche possibile soggiornare in splendidi alloggi con vista sui campi viola. Poi c’è Castelletto d’Erro, dove i campi di lavanda si estendono per ben sette ettari. Per scattare foto suggestive e che immortalino tutta la bellezza dei campi fioriti, un luogo perfetto è la Chiesetta di Sant’Anna.

Tra i borghi di Lu e Cuccaro c’è una strada di collegamento lungo cui si trova una big bench color lavanda. Le big bench sono panchine giganti che ormai si trovano sparse in tutta Italia, e che invitano i passanti a fermarsi, sedersi e ammirare lo spettacolo del paesaggio circostante. La panchina viola della passeggiata panoramica tra Lu e Cuccaro fa proprio questo, e lo fa davanti ad un campo di lavanda incantevole.

Per vivere questa esperienza si deve partire dalla chiesa Madonna delle Nevi, e poi prendere la strada a destra, verso Lu. Si tratta di un percorso di appena 3 km facilmente percorribile, a cui tutti possono accedere.

Ad Alessandria invece, la lavanda è anche didattica. Le aziende che si trovano qui infatti organizzano sia le classiche passeggiate nella lavanda, sia dei laboratori e dei workshop in cui si prende parte attiva al processo di lavorazione.

Una vera chicca tutta piemontese però, è un campo di lavanda che non appartiene ad un’azienda o ad una produzione su larga scala, ma ad un appassionato. Nella sua tenuta Giancarlo Nossa, questo il suo nome, coltiva lavanda e fragole da quasi 20 anni, per il semplice gusto di svegliarsi al mattino e guardare i campi fioriti.

La lavanda in Lombardia

Nell’Oltrepò Pavese si trova una zona che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé, e che proprio grazie alla lavanda sta diventando una vera e propria meta turistica. Si tratta di Godiasco Salice Terme, che durante i mesi della fioritura vive un boom di presenze.

Qui si può unire la classica passeggiata nei campi con un pranzo a base di cucina locale e una vista sulla lavanda mozzafiato. Infatti, la Cascina Costanza permette ai propri commensali di accedere gratuitamente al proprio campo.

Questo è anche uno dei migliori punti da cui scattare foto e godere dello spettacolare paesaggio. In questa zona sono molti anche i campi di lavanda privati, che non aprono le loro porte al pubblico, ma che offrono un panorama suggestivo a chi va a visitarli.

Percorsi di lavanda in Emilia Romagna

In Emilia Romagna uno dei posti più interessanti dove vivere la lavanda, oltre che guardarla semplicemente, è Castrocaro Terme. Qui alcune attività offrono la possibilità di fare un viaggio esperienziale nel viola della lavanda, della durata di un weekend. Da fine maggio a metà luglio, nel pieno della fioritura delle 7.000 piante di lavanda che si lavorano qui, è possibile fare degustazioni di prodotti tipici, prendere parte a passeggiate o pic-nic nei campi di lavanda e anche partecipare a laboratori olfattivi.

Insomma, una vera full immersion. Inoltre, il borgo di Castrocaro Terme è anche molto carino da visitare, con la sua Fortezza e le sue stradine pittoresche.

A Casola Valsenio invece, in provincia di Ravenna, si trova il Giardino delle Erbe, di proprietà del Comune. In questo campo si possono trovare 22 varietà diverse di lavanda, ognuna con caratteristiche e particolarità specifiche. Inoltre, qui si celebra la Notte Viola, un evento in notturna interamente dedicato alla lavanda.

Dallo street food alle classiche bancarelle di artigianato locale, questo evento è un tripudio di colori e profumi che rimandano alla pianta viola, ed è letteralmente impossibile non portare a casa qualche souvenir profumato. Non si può, infine, non percorrere la cosiddetta Strada della Lavanda, che risale lungo tutto il versante della valle e regala scorci mozzafiato.

Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia

Sebbene meno ricche di lavanda rispetto alle altre regioni settentrionali appena descritte, anche la Liguria, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia possono vantare i loro bei campi viola. In Liguria si trova Colle di Nava, dove oltre ai campi colorati, a fine luglio si può vivere anche la celebre festa della fioritura e della raccolta della lavanda, un festival ad hoc interamente dedicato alla pianta. Sempre in Liguria si trova il Museo della Lavanda, in quel di Carpasio.

Questo museo nasce dalla cooperativa italiana di coltivatori, raccoglitori e distillatori per la commercializzazione della lavanda nel lontano 1906. Ancora oggi, dopo più di un secolo, permette di scoprire un mondo intero sulla lavanda, sulle sue proprietà e sui suoi usi, sia commerciali che non. Qui si possono osservare ben 30 tipi di lavanda diversi.

Spostandosi in Veneto invece, si può trovare un po’ di Provenza nel campo di lavanda Ca’ Mello di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Questa è una delle principali attrazioni del Delta del Po, con i suoi due ettari di viola che ogni estate regalano colore al paesaggio.

Il Friuli Venezia Giulia non è da meno, e nel borgo di Venzone, in provincia di Udine, si può trovare un campo spettacolare. Qui c’è anche il famoso Palazzo della Lavanda, un edificio interamente volto alla valorizzazione e alla celebrazione della pianta. Qui si possono ammirare sia i laboratori di lavorazione che i lavandeti, e acquistare tantissimi prodotti dal profumo inebriante. Ad agosto il borgo festeggia la sua pianta viola con carri e mercatini dello stesso colore, in un’atmosfera festosa davvero iconica.

La lavanda in Toscana

Nel cuore della Maremma toscana si trova un piccolo paesino arroccato sulle colline, che grazie alla lavanda ogni estate si tinge di viola e incanta i suoi visitatori. Si tratta di Civitella Marittima, da cui si può ammirare un paesaggio verde e viola davvero suggestivo. Muovendosi verso il Chianti invece, si incontrano le colline colme di campi di lavanda di Fonterutoli, situate a 600 metri di altitudine.

Sempre in questa zona, si trova il Comune di Castellina, dove i campi viola sono numerosi e dove si coltivano 9 varietà diverse di lavanda. Spostandosi poi lungo le colline della provincia di Pisa, la strada della lavanda continua nei pressi di Pieve Santa Lucia.

La lavanda in Umbria

L’Umbria è una delle regioni italiane dove la lavanda raggiunge il suo massimo splendore. Il famoso Lavandeto di Assisi a Castelnuovo, in provincia di Perugia, ne è un esempio. Qui, dal 2004, si coltivano più di 60 varietà di lavanda, grazie ad un progetto incentrato proprio sulla pianta. Ogni anno, da allora, il paesaggio si colora di viola e incanta migliaia di turisti e visitatori. Il Lavandeto è aperto tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.00 e poi dalle 17.00 alle 18.30.

Un appuntamento imperdibile per gli amanti della lavanda è proprio quello organizzato dal Lavandeto: la Festa della lavanda. Il festival si tiene tra metà giugno e inizio luglio e dà la possibilità di passeggiare tra i filari, di partecipare a visite guidate e prendere parte a workshop e laboratori su tisane e altri medicamenti a base di lavanda.

Infine, è impossibile non fermarsi al vivaio per acquistare prodotti di ogni genere, ovviamente a base di lavanda.

Percorsi di lavanda nel Lazio

Nel Lazio la vera capitale della lavanda è Tuscania. Non a caso, la zona della Tuscia, dove si trova la città, è una delle più importanti di tutta Italia per la produzione di lavanda biologica. Qui tra fine giugno e i primi di agosto si celebra ogni anno la Festa della Lavanda, e gli eventi e gli appuntamenti dedicati alla pianta viola sono davvero innumerevoli.

Dall’Abbazia di San Giusto si può godere di una vista panoramica mozzafiato sui campi in fiore. Questa abbazia cistercense ricorda moltissimo la ben più nota Senanque en Provence.

La lavanda in Basilicata

In Basilicata, la punta di diamante della lavanda regionale è rappresentata dalla città di Lavello, in provincia di Potenza. Qui la lavanda è presente solo dal 2020, ma grazie alla passione e alla dedizione di un giovane imprenditore locale, la fioritura ha raggiunto un livello altissimo, tanto che oggi è spesso annoverata tra le migliori d’Italia.

Ad avere il merito di questa spettacolare fioritura è Savino Francesco Buldo, il quale ha deciso di dedicare il suo lavoro e quello della sua azienda agricola familiare proprio alla lavanda. La sua scelta è ricaduta su questa pianta sia per la sua commercializzazione, che per la sua fama e la sostenibilità ambientale.

Campi di lavanda in Calabria

In Calabria invece, lo scettro dei lavandeti va a Campotenese, nei pressi di Morano Calabro, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. A far crescere oggi la lavanda nella cornice del clima calabro sono i coniugi Rocco, nel loro Parco della Lavanda.

Qui producono una lavanda autoctona, dal nome Loricanda, oltre alle più di 50 altre specie di lavanda ed erbe officinali. Grazie al clima più caldo, la fioritura della lavanda qui si spinge fino alla prima decade di agosto, regalando uno spettacolo davvero ineguagliabile e sorprendente.

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Responsabile sicurezza cantieri: chi è e che cosa fa, compiti e responsabilità 27 Mar 10:54 PM (11 days ago)

A capo della gestione della sicurezza in un cantiere edile figura un apposito responsabile sicurezza cantieri, che ha il compito di supervisionare l’andamento dei lavori e verificare che le normative vengano rispettate, minimizzando il rischio di incidenti.

Il punto normativo di riferimento è il D.Lgs n. 81/2008, noto anche come Testo Unico sulla Sicurezza, che ha accorpato diverse norme precedenti, rafforzando il focus sulla prevenzione e la sicurezza sul lavoro: alla luce di queste norme, il responsabile sicurezza cantieri è chiamato a supportare il committente nella predisposizione di piani e procedure adeguate.

Chi è cosa fa il responsabile sicurezza cantieri

La normativa italiana in merito di salute e sicurezza sul lavoro ha introdotto figure diverse, ciascuna con obblighi specifici. Tra queste figure spiccano il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) e il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE). In alcuni casi, un solo professionista svolge entrambi i ruoli, ma per farlo deve possedere alcuni requisiti:

Nel caso in cui il cantiere preveda la presenza di più imprese, la legge impone la nomina di un coordinatore incaricato di redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e, durante la fase esecutiva, di verificare che il piano venga rispettato.

Il committente, inoltre, deve accertarsi dell’idoneità tecnico-professionale di ciascuna impresa, controllando documentazione come il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) e il POS (Piano Operativo di Sicurezza).

Il responsabile della sicurezza dei cantieri non è solo un garante formale: deve individuare i pericoli, proporre interventi, monitorare che le risorse necessarie vengano effettivamente destinate alla prevenzione, dialogare con le imprese, i lavoratori e la direzione dei lavori per coordinare le operazioni, segnalare le irregolarità e intervenire in caso di pericolo grave. Qualora i problemi sorti non vengano risolti, la legge autorizza il coordinatore a informare gli organi di vigilanza competenti o a proporre la sospensione dei lavori.

La nomina del coordinatore non è sempre obbligatoria, ma quando lo è e non la si esegue, si va incontro a sanzioni molto serie: il committente, infatti, rischia sanzioni penali (arresto da tre a sei mesi) o un’ammenda fino a 12.000 euro.

Compiti e funzioni principali del responsabile sicurezza cantieri: dalla progettazione all’esecuzione

Il responsabile sicurezza cantieri opera su due livelli: la fase di progettazione e quella di esecuzione dei lavori.

Il responsabile sicurezza cantieri s’interfaccia anche con i lavoratori, spiegando perché bisogna indossare determinati DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) o perché seguire precise procedure nelle zone di lavoro.

La gestione della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Sicurezza cantieri 1

 

Il Testo Unico sulla Sicurezza, al Titolo IV, disciplina nel dettaglio la tutela della salute e della sicurezza all’interno dei cantieri considerati “temporanei o mobili”. In questa definizione, di fatto, rientrano tutte le attività di tipo edile o di ingegneria civile che presentano due caratteristiche basilari:

Anche in questo contesto, il ruolo e le responsabilità del responsabile sicurezza cantieri non cambiano: questi è infatti chiamato a monitorare costantemente la corretta applicazione delle misure di prevenzione e protezione, tenendo conto che i cantieri temporanei sono normalmente più versatili rispetto a quelli fissi e per questo motivo richiedono una pianificazione più accurata, che risulti capace di adattarsi al progredire dei lavori e alle varianti in corso d’opera.

Sempre restando nell’ambito del Titolo IV del Testo Unico, qui troviamo anche ben specificate alcune regole in merito alla segnalazione degli accessi e delle aree di lavoro, all’obbligo di affissione dei cartelli che vietino l’ingresso ai non autorizzati e alla necessità di definire i percorsi interni. Ovviamente, spetta sempre al responsabile sicurezza cantieri verificare che le imprese e i lavoratori adottino misure come la cartellonistica adeguata, le delimitazioni fisiche delle aree a rischio, la corretta gestione dei Piani Operativi di Sicurezza e l’utilizzo corretto dei dispositivi di protezione individuale.

Quali sono i principali rischi in un cantiere edile

I cantieri edili, specie quando coinvolgono più figure professionali, presentano molti potenziali pericoli. Esistono rischi per la salute (come l’esposizione ad agenti fisici o chimici e la movimentazione manuale dei carichi) e per la sicurezza (cadute dall’alto, schiacciamenti, folgorazioni, etc.). Il responsabile sicurezza cantieri deve quindi predisporre misure ad hoc in ogni fase lavorativa, tenendo conto di tutti i possibili scenari di rischio.

Tra i pericoli più comuni in un cantiere edile, ad esempio, figurano:

Nella pratica, per svolgere il proprio incarico correttamente, il responsabile sicurezza cantieri deve:

Infine, va ricordato che i cantieri temporanei o mobili possono essere oggetto di controlli da parte degli Ispettori delle ASL competenti in maniera di igiene e sicurezza, così come degli Ispettori del Ministero del Lavoro.

L’ispezione può avvenire in qualsiasi momento ed è bene farsi trovare preparati, disponendo sempre di documentazione regolare, piani aggiornati e procedure organizzate: spetta al responsabile gestire la documentazione necessaria a dimostrare la regolarità degli adempimenti, materiale che quindi dovrà essere pronto e disponibile.

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Differenze tra POS e PSC: definizione, obblighi e sanzioni per inadempienze 25 Mar 10:44 PM (13 days ago)

Gestire un cantiere richiede competenze tecniche, oltre a una conoscenza approfondita delle norme in vigore e un’attenzione costante ai rischi che potrebbero causare incidenti o problemi organizzativi. In questo contesto, due documenti rivestono un ruolo molto importante: stiamo parlando del Piano Operativo di Sicurezza (POS) e del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC).

Per molti addetti ai lavori, i termini PSC e POS sono quasi sempre menzionati insieme, tuttavia non bisogna fare confusione, perché si fa riferimento a strumenti ben diversi. Nessuno dei due documenti è più importante dell’altro, ma ognuno di questi Piani risponde a esigenze specifiche: per farla breve, ad esempio, il POS tende a definire i rischi diretti di un’impresa all’interno del cantiere, mentre il PSC prende in considerazione anche aspetti che coinvolgono più imprese o situazioni esterne alle singole attività operative.

Ma quali sono le principali differenze tra POS e PSC? Quali sono le normative alla base e le ricadute pratiche, ovvero in cosa consistono le responsabilità per chi redige e adotta questi documenti? Andiamo a fornire una definizione accurata e il significato esatto dei due piani, la loro collocazione all’interno di un progetto edile, chi sono i soggetti incaricati della loro stesura e verifica quali aspetti vanno considerati per evitare contravvenzioni o condizioni di lavoro insicure.

POS e PSC: definizione e significato

La sicurezza in cantiere non può prescindere da una serie di disposizioni legislative che ne sanciscono obblighi e responsabilità. Tra queste disposizioni, spicca senza dubbio il Decreto Legislativo n. 81/2008, noto anche come Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro, principale punto di riferimento quando si parla di norme di sicurezza negli ambienti professionali.

All’interno del Testo Unico, il legislatore ha predisposto linee guida e requisiti precisi per garantire l’incolumità dei lavoratori e di chiunque possa trovarsi a vario titolo in un’area di costruzione o ristrutturazione. È proprio in questo ambito che vengono inquadrati due documenti fondamentali come il PSC e il POS, due piani che non devono essere confusi e che, soprattutto, non sono sostitutivi l’uno dell’altro.

Cos’è il POS

POS 1

Il Piano Operativo di Sicurezza (POS) si concentra su una singola impresa esecutrice. È il documento che il datore di lavoro è chiamato a redigere per valutare i pericoli connessi alle proprie specifiche attività e fornire una risposta operativa che tuteli il personale. Sono elencati e analizzati nel dettaglio rischi legati all’uso di macchinari, gestione di sostanze pericolose e procedure di emergenza, con la finalità di stabilire misure concrete per ridurre le probabilità di incidenti.

Le informazioni contenute nel POS non si limitano al semplice elenco di obblighi, ma descrivono anche le responsabilità delle figure che operano in cantiere, dai preposti agli addetti al pronto soccorso, passando per operatori di attrezzature e macchinari. In questo modo, il POS diventa una specie di “carta d’identità della sicurezza” di ogni azienda, arricchita da dati sul numero di addetti, sulle mansioni svolte e sulle modalità organizzative dei turni.

Cos’è il PSC

Il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) adotta invece una prospettiva più ampia rispetto al POS. Se quest’ultimo scatta in ogni cantiere in cui è presente almeno un’impresa, il PSC entra in gioco quando ci sono più soggetti che agiscono contemporaneamente o in fasi diverse. Lo scopo finale è garantire che eventuali interferenze tra imprese (ci torneremo in un paragrafo successivo) non provochino situazioni di rischio aggiuntivo.

Il PSC non si limita a descrivere le singole lavorazioni, ma prende atto di tutto ciò che può incidere sulla sicurezza in un senso più generale. Ad esempio, vengono analizzate caratteristiche dell’area di cantiere, linee elettriche aeree, presenza di viabilità interna o di gasdotti sotterranei, zone di stoccaggio materiali e possibili vie di fuga in caso di emergenza.

Cosa succede dopo la redazione dei documenti

Dopo la redazione, il PSC diventa uno strumento che il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE) utilizza per monitorare costantemente la corretta applicazione di quanto pianificato.

Il coordinatore, infatti, non si ferma alla stesura del documento in fase progettuale (a cura del CSP, il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione), ma prosegue la propria attività con visite sul campo, verifiche dei Piani Operativi di Sicurezza delle singole imprese e, se necessario, interventi tempestivi per sospendere operazioni ritenute pericolose.

Differenze tra POS e PSC: quando occorre redigerli

Sicurezza sul lavoro 2

Focalizziamoci ora sulle principali differenze tra POS e PSC. Una prima distinzione si fonda sul concetto di obbligatorietà: il POS risulta sempre necessario in presenza di un’impresa che avvia un cantiere, mentre il PSC trova applicazione quando nel progetto partecipano più imprese, oppure quando un’unica azienda, nel corso dei lavori, si serve di subappaltatori. La normativa, infatti, tende a mettere in luce il rischio di conflitti o interferenze dovuti alle interazioni tra diverse forze in campo.

Se in un cantiere opera una sola realtà aziendale, non è richiesto il PSC. Tuttavia, l’impresa deve comunque predisporre il POS, a prescindere dal numero di dipendenti.

Esiste anche un diverso grado di dettaglio per quanto riguarda i contenuti. Il POS è concentrato sulle lavorazioni interne a una singola azienda, indicando ad esempio i nominativi degli addetti al pronto soccorso, i riferimenti telefonici di cantiere, le fasi operative che coinvolgono i lavoratori e i turni di lavoro.

Chi redige il POS, in genere il datore di lavoro, deve illustrare i rischi specifici: dal sollevamento di carichi pesanti all’uso di sostanze chimiche, fino all’installazione di ponteggi o all’impiego di attrezzature. Inoltre, il POS comprende una sezione relativa a dispositivi di protezione individuale, procedure di emergenza e metodologie di formazione da impartire al personale.

Il PSC, invece, prende in considerazione aspetti che non dipendono soltanto dalle scelte di una singola impresa. In un piano di sicurezza e coordinamento ben strutturato, figurano elementi come le vie di circolazione interne al cantiere, la dislocazione delle zone di carico e scarico, l’eventuale presenza di passaggi pubblici in prossimità delle aree di lavoro e le procedure per ridurre rischi di interferenza tra più squadre. Si indica, ad esempio, come organizzare le recinzioni, dove collocare servizi igienico-assistenziali, in che modo predisporre sistemi di allarme antincendio comuni a tutti.

A livello documentale, invece, il PSC include planimetrie, valutazioni sul rumore, riferimenti ai costi della sicurezza e uno schema cronologico delle fasi di costruzione.

Un ulteriore elemento di differenziazione riguarda la responsabilità della redazione. Abbiamo accennato al fatto che il POS viene redatto dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice, generalmente. Ogni azienda presente in cantiere, che si tratti dell’impresa affidataria o di eventuali subappaltatori, deve possedere il proprio POS.

Il PSC, al contrario, è a cura del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP), che viene nominato dal committente. Questo professionista si occupa di creare un documento che tenga conto di tutte le possibili interferenze e, nel momento in cui iniziano i lavori, il CSE verifica che tutte le disposizioni siano rispettate.

A questo punto potrebbe sorgere legittimamente una domanda: il POS può sostituire il PSC in cantieri con più imprese? La risposta è negativa. Nel caso in cui il cantiere veda l’avvicendarsi di almeno due imprese, anche in tempi diversi, occorre sempre predisporre un PSC che definisca i vincoli comuni. I Piani Operativi di Sicurezza di ciascuna realtà si combinano, ma non soppiantano il Piano di Sicurezza e Coordinamento, che rimane il riferimento generale per l’organizzazione delle attività di cantiere e la risoluzione di eventuali criticità collaborative.

Differenze tra PSC e POS: sanzioni

Se il POS non viene redatto correttamente o risulta incompleto, il datore di lavoro può incorrere in pene che vanno da una detenzione di 8 mesi a multe comprese tra i 3.000 e i 15.000 euro.

Per le irregolarità nel PSC, tutti i professionisti coinvolti rischiano l’arresto da 3 a 6 mesi e ammende che variano tra 2.500 e 12.000 euro.

Gestione delle interferenze e coordinamento tra le imprese

Sicurezza sul cantiere

Prima abbiamo accennato a un aspetto molto importante nella redazione di un PSC, ovvero la gestione delle interferenze tra le diverse imprese coinvolte nel cantiere.

Quando più aziende operano in simultanea, è molto importante che le attività siano ben coordinate, al fine di evitare situazioni di rischio che derivano dall’interazione tra diverse lavorazioni.

Infatti, il Piano di Sicurezza e Coordinamento deve prevedere le misure necessarie per ridurre al minimo le interferenze, come la gestione della viabilità interna al cantiere, l’uso condiviso di attrezzature e macchinari e l’organizzazione dei turni di lavoro per evitare sovrapposizioni pericolose.

Il coordinamento, però, non si limita solo alla pianificazione delle attività, ma include anche un’efficace comunicazione tra le diverse imprese. Ogni azienda deve essere informata sui rischi derivanti dalle attività altrui, con l’obiettivo di prevenire incidenti e migliorare la gestione complessiva del cantiere. Ad esempio, la presenza di macchinari pesanti, le operazioni di sollevamento e il movimento di materiali possono generare conflitti tra i vari team di lavoro e quindi diventa essenziale che il PSC contenga misure preventive per evitare queste situazioni.

È proprio qui che entra in gioco il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE), il cui ruolo è estremamente rilevante in queste circostanze. Infatti, il CSE ha il compito di monitorare costantemente l’andamento delle operazioni, assicurandosi che tutte le imprese coinvolte rispettino le misure di sicurezza definite nel PSC.

Il coordinamento delle attività di sicurezza tra le diverse imprese e la corretta gestione delle interferenze sono due aspetti prioritari per evitare incidenti e ottimizzare le risorse.

Se il cantiere è ben gestito, il PSC non è un documento standard da consultare ogni tanto, ma diventa un vero e proprio strumento dinamico, capace non solo di prevedere le operazioni iniziali, ma anche di adattarsi alle esigenze del cantiere e modificare la pianificazione delle attività per affrontare eventuali imprevisti.

Cos’è il DUVRI

Il DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze) è un altro documento obbligatorio previsto dal D. Lgs 81/08, utile per la gestione dei rischi derivanti dalla coesistenza di più imprese nello stesso luogo di lavoro, come in un cantiere. Si tratta di un documento che serve a valutare e prevenire i pericoli che possono sorgere dall’interferenza tra le attività svolte da diverse aziende, come il rischio di danni causati dall’uso concomitante di macchinari o sostanze pericolose.

Il DUVRI deve essere redatto dal datore di lavoro dell’impresa committente ogni volta che un’impresa esterna o lavoratori autonomi vengono incaricati di lavorare in un cantiere o in un’unità produttiva. Il documento ha lo scopo di garantire la sicurezza coordinando le misure preventive e protettive necessarie per evitare situazioni pericolose. Inoltre, deve essere allegato al contratto di appalto o di opera e, se necessario, può essere redatto da un dirigente per la sicurezza delegato.

Tuttavia, il DUVRI non è sempre obbligatorio. Ad esempio, non è richiesto per appalti di servizi intellettuali, forniture di materiali o attrezzature, lavori di breve durata (meno di 5 uomini al giorno), attività a basso rischio o quando è già presente un PSC, come nei cantieri con più imprese. Se i rischi sono elevati, però, ad esempio per la presenza di sostanze pericolose, il DUVRI diventa essenziali.

Se l’obbligo del DUVRI non viene adempiuto, il datore di lavoro e il dirigente possono essere sanzionati con l’arresto da due a quattro mesi e con ammende da 1.842 a 7.371 euro.

PSC e POS nei cantieri edili: aggiornamenti recenti, ultime novità, informazioni utili

Nel 2020, durante la pandemia di Covid-19, è stata imposta una revisione delle pratiche di sicurezza nei cantieri, con l’introduzione di un protocollo specifico per il settore edile. Questo protocollo ha richiesto l’aggiornamento dei POS e dei PSC, integrando procedure per la gestione del rischio biologico e l’adozione di dispositivi di protezione individuale adeguati: ad esempio, è stato necessario includere nel POS l’uso di mascherine, guanti e dispositivi di protezione respiratoria, nonché definire procedure per la sanificazione degli ambienti di lavoro.

Negli ultimi anni, inoltre, con l’avanzare della tecnologia, sono emersi diversi strumenti software dedicati all’aggiornamento e alla gestione dei POS e PSC, che consentono una revisione assistita dei piani di sicurezza durante la fase di esecuzione, agevolando l’integrazione di modifiche e garantendo una documentazione sempre aggiornata.

Inoltre, l’INAIL ha introdotto modelli semplificati di POS e PSC per facilitare la redazione dei piani di sicurezza, soprattutto in cantieri di dimensioni contenute o con rischi limitati. Questi modelli offrono una struttura predefinita che può essere adattata alle specifiche esigenze del cantiere, sempre nel rispetto delle normative vigenti. Tuttavia, la cosa importante è che ogni piano di sicurezza deve essere personalizzato in base alle caratteristiche uniche del cantiere, tenendo conto dei rischi specifici e delle attività previste.

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Come rimuovere il virus Polizia di Stato o Polizia Postale 23 Mar 10:33 PM (15 days ago)

Negli ultimi anni la diffusione di malware progettati per estorcere denaro agli utenti è esponenzialmente aumentata: tra questi spicca anche il temuto “virus Polizia di Stato”, un ransomware in grado di bloccare il sistema dichiarando, con il supporto di loghi istituzionali (falsi ovviamente), che il computer è stato compromesso per presunti illeciti. Il messaggio intimidatorio avvisa di dover pagare una multa (generalmente intorno ai 100 euro) per sbloccare il PC e accedere nuovamente ai dati, facendo leva sull’ingenuità e la credulità dell’utente.

Come riconoscere il virus Polizia di Stato e rimuoverlo

Il ransomware si presenta in diverse versioni, ma il filo conduttore rimane sempre lo stesso:

  1. Impedisce l’avvio corretto del sistema;
  2. Blocca la connessione a internet;
  3. Comunica messaggi del tipo: “Attenzione, il suo computer è bloccato”, oppure, “Polizia, attenzione!”;
  4. Al messaggio si aggiungono loghi e riferimenti che sembrano autentici.

Pertanto, questo ransomware prima di tutto blocca l’intero computer, impedendone l’utilizzo normale. In secondo luogo, segnala l’esistenza di un illecito per poi richiedere il pagamento di una somma tramite ricariche su carte prepagate o chiamate a numerazioni a tariffazioni maggiorate.

In alcuni casi, il ransomware può modificare anche alcune impostazioni del sistema operativo (ad esempio, il valore del parametro Shell nel registro di Windows) per impedire il corretto avvio di explorer.exe.

Riconoscere il virus è quindi di vitale importanza per evitare di cadere nella trappola del riscatto: nonostante le richieste intimidatorie, infatti, il pagamento non risolve il problema e può addirittura alimentare ulteriori attacchi.

Una prima evidenza dell’infezione è rappresentata dalla comparsa improvvisa di file sospetti (come “WPBTO.dll” o altri eseguibili non riconosciuti) all’interno della cartella “Esecuzione automatica”, oppure la comparsa di messaggi di errore che impediscono il lancio di normali applicazioni.

Come eliminare virus Polizia di Stato: guida alla rimozione

Virus PC 2

Si può rimuovere virus Polizia di Stato? Come fare? La rimozione virus Polizia di Stato può essere eseguita tramite diverse modalità.

Su un PC basato su Windows, ad esempio, la procedura può essere così riassunta:

  1. Accesso in modalità provvisoria: riavviare il sistema premendo F8 o F12 (a seconda della configurazione) per avviare Windows in modalità provvisoria. Questo permette di escludere il caricamento di alcuni servizi potenzialmente infetti.
  2. Cancellazione dei file sospetti: una volta avviato il sistema, andare su Start > Tutti i programmi > Esecuzione automatica e individuare file come il già citato “WPBTO.dll” o eventuali file con estensioni *.dll o *.exe che non si riconoscono. Quindi, bisogna selezionare i file e premere contemporaneamente il tasto “Maiusc+Canc” oppure trascinarli direttamente nel cestino.
  3. Controllo del registro di sistema: aprire il prompt dei comandi, digitare “regedit” e confermare. Quindi, navigare verso la chiave HKEY_LOCAL_MACHINE\Software\Microsoft\Windows NT\CurrentVersion\Winlogon e verificare che il parametro “Shell” abbia il valore corretto, ossia “explorer.exe”. Se diverso, bisogna annotare il valore corrente e modificarlo, in modo che il sistema possa ripristinare il corretto avvio dell’interfaccia grafica.
  4. Scansione antivirus completa: terminato l’intervento manuale, si consiglia fortemente di eseguire una scansione approfondita con un software antivirus o anti-malware aggiornato per individuare ed eliminare eventuali residui del malware.

Va precisato che alcune varianti più recenti del virus possono impedire l’accesso alla modalità provvisoria di Windows: in questi casi, potrebbe essere necessario usare strumenti di rimozione specifici avviabili da supporti esterni, come chiavette USB o CD di ripristino.

Se il problema riguarda il dispositivo mobile Android, il metodo più diffuso prevede la pulizia dei dati del browser infetto. Spesso il ransomware si manifesta bloccando l’accesso a internet e insinuandosi attraverso download di applicazioni sospette.

Pertanto, si può accedere alla “Gestione applicazioni” e individuare il browser (o le app più recenti installate), arrestare forzatamente l’app incriminata, cancellare i dati e riavviare il dispositivo.

Se il problema dovesse persistere, può essere necessario avviare il telefono in modalità provvisoria e ripetere la procedura, oppure optare per un “hard reset” che riporta il dispositivo alle impostazioni di fabbrica. Tuttavia, un simile reset comporterà la cancellazione di tutti i dati memorizzati, quindi è indispensabile aver effettuato un backup preventivo se non si vuole perdere nulla.

Come prevenire l’infezione dal virus Polizia di Stato e altri attacchi ransomware

Le infezioni da ransomware si verificano spesso visitando siti web non sicuri, cliccando link sospetti presenti nelle e-mail o scaricando allegati da fonti sconosciute. Bisogna quindi prestare attenzione alla grafica e al contenuto dei messaggi ricevuti: errori di battitura, link non riconosciuti e inviti all’azione impulsivi sono tra i più comuni ed evidenti segnali di allarme.

Se si dovesse cadere vittime di questa truffa, si raccomanda di non entrare nel panico e agire d’impulso, ma di seguire guide come questa o di piattaforme come dedicate per risolvere il problema.

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Come vedere se un bonifico è in arrivo: guida alla verifica 19 Mar 10:26 PM (19 days ago)

Quando si attende un pagamento, una delle domande ricorrenti che ci si pone è come sia possibile verificare che il bonifico tanto atteso stia effettivamente arrivando, anche perché un bonifico ordinario, solitamente, impiega per il suo accredito 1-2 giorni.

Monitorare il trasferimento dei fondi aiuta a restare sempre aggiornati sulla corretta esecuzione delle operazioni bancarie, volendo evitare imprevisti e ritardi. Ma si può veramente vedere se un bonifico è in arrivo? E come fare?

Cosa sono il CRO e il TRN

Per vedere un bonifico in arrivo è possibile usare due elementi che servono a rintracciare ogni singola transazione:

Infatti, a ogni operazione bancaria viene assegnato automaticamente un codice univoco che consente sia all’istituto di credito sia all’utente di verificare lo stato dell’operazione.

In caso di bonifici ordinari, il codice CRO, viene generato al momento della conclusione dell’ordine e risulta visibile nella conferma della transazione, sia quando questa avviene tramite home banking, sia quando avviene direttamente in filiale, in questo caso attraverso una distinta cartacea.

Da quando l’area SEPA ha introdotto regole di interoperabilità più rigorose, il TRN (o TNR) ha inglobato il vecchio CRO in una struttura a 30 caratteri alfanumerici. Pertanto, oggi, per verificare se un bonifico è in arrivo, si ha bisogno del codice TRN.

Usare questo codice permette di verificare rapidamente se l’ordine di bonifico è stato inoltrato correttamente e se vi sono eventuali anomalie nella procedura. Ad esempio, in presenza di ritardi o dubbi sull’esecuzione del trasferimento, ci si può recare sul proprio account online per controllare il codice associato: se l’operazione risulta “in corso”, sarà possibile avere conferma che il pagamento è in attesa di completamento.

Come vedere un bonifico in arrivo: procedure in rete e in filiale

Bonifico Bancario 2

Oggi, è possibile accedere alle informazioni bancarie in modo rapido e trasparente. Le piattaforme di home banking consentono di monitorare in tempo reale i movimenti sul conto, mettendo in evidenza sia gli accrediti già completati, sia quelli ancora in fase di elaborazione.

Per visualizzare questi movimenti, generalmente si accede alla sezione Movimenti > Bonifici sul proprio profilo, potendo quindi identificare il pagamento atteso grazie all’indicazione temporanea e al codice identificativo associato.

Si tratta di una modalità di controllo online che offre diversi vantaggi dal punto di vista pratico, perché in pochi click è possibile passare da una panoramica generale del conto a informazioni dettagliate sullo stato del singolo bonifico.

Inoltre, le notifiche push o gli avvisi via e-mail possono tornare particolarmente utili per essere informati in tempo reale quando il denaro viene effettivamente accreditato sul conto. In genere, questi servizi possono essere automatici, quindi offerti dalla banca e attivati al momento dell’apertura del conto, oppure possono essere richiesti direttamente agli istituti (a volte sono forniti come servizi extra, quindi a pagamento).

Tuttavia, per chi preferisce canali più tradizionali, la verifica del bonifico può essere effettuata anche recandosi fisicamente in filiale. Dopo aver disposto l’ordine in banca, si riceve una distinta cartacea che contiene tutti i riferimenti della transazione, tra cui il già citato codice TNR. Nel momento in cui dovessero sorgere dubbi o imprevisti, il personale della filiale potrà consultare il sistema interno usando proprio questo riferimento.

Come verificare un bonifico in entrata estero

In caso di bonifico estero dall’area SEPA, i tempi di accredito sono generalmente simili a quelli nazionali, quindi 1-2 giorni, a seconda dell’orario in cui viene effettuato (fanno eccezione i bonifici istantanei, che invece arrivano subito): per controllarli è valida la verifica del codice TRN.

Se il bonifico estero proviene dall’area non SEPA, allora bisognerà verificare un codice simile al TRN, ovvero un numero di riferimento identificativo del bonifico. I tempi di accredito per bonifici internazionali extra SEPA sono normalmente più lunghi, tra 3 e 7 giorni lavorativi.

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Colori per le pareti della cucina: i trend 2025 16 Mar 10:04 PM (22 days ago)

La cucina è l’ambiente più centrale di ogni casa, quel posto in cui la famiglia si riunisce per mangiare e per stare insieme. Con il passare degli anni la cucina è passata dall’essere il luogo dedicato solo alla preparazione e al consumo del cibo, al cuore della casa.

Per questo, scegliere i colori per pareti della cucina è importantissimo per dare il giusto stile e un’identità ben precisa non solo al singolo ambiente, ma a tutta la casa.

Ogni anno le mode cambiano, e con loro anche i colori e i pattern d’arredo. Nel 2025 la parola d’ordine è design.

Come abbinare i colori

Prima ancora di capire quali sono i colori top per le pareti della cucina nel 2025 però, è bene capire come abbinarli, e conoscere le principali regole dell’interior design e dell’armocromia. Infatti, per ottenere un risultato sorprendente e lasciare tutti a bocca aperta, bisogna far sì che i colori della parete della cucina siano in perfetta armonia con il resto dell’arredamento e dei complementi d’arredo.

A dare armonia non è solamente la ripresa del colore della parete in tavoli, sedie o cuscini, ma anche la scelta dei materiali e della palette cromatica.

Cucina monocolore

Uno stile assolutamente minimale e allo stesso tempo ultra-moderno porta in genere alla scelta di una tinta unica. Una cucina monocolore è in realtà abbastanza difficile da armonizzare, proprio per la sua totalità cromatica, che non sempre si dimostra perfetta in ogni situazione. Chi però vuole adottare uno stile minimalista oppure non vuole impegnarsi troppo a decidere abbinamenti e pattern, può optare per un total white. In questo caso, il bianco si ritrova sia sulle pareti che sugli arredi, con gli unici stacchi cromatici rappresentati dagli elettrodomestici.

Il risultato che si ottiene in questo modo è estremamente pulito, quasi da catalogo. I colori con cui creare questo tipo di effetto però, sono parecchio limitati, e perlopiù neutri, luminosi e pastello. Azzardare un monocolore di una tinta scura, infatti, può dare un effetto pesante e poco armonico, in grado di infastidire lo sguardo e stancare facilmente.

Cucina bi-color

Un abbinamento di colori minimo invece, è quello di una cucina bi-color. Con questo tipo di palette cromatica si accostano due colori e su di essi solamente si costruisce l’intero stile della cucina. Ovviamente, la divisione più ovvia è tra il colore delle pareti e quello dei mobili.

Con una cucina bi-color, ci si può davvero sbizzarrire nella scelta dei colori della parete, e si può optare sia per soluzioni più pacate che più audaci. Per esempio, si può scegliere un colore neutro sulle pareti e uno più acceso per il mobilio. Al contrario, la parete può essere più strong dei mobili. Ancora, i due colori possono appartenere alla stessa tinta cromatica, andando a differire sulla tonalità.

Insomma, con una soluzione bi-color scegliere il colore delle pareti della cucina non sarà affatto difficile, perché basta affiancare due colori che si abbinano bene e che sono gradevoli da guardare. Un consiglio che si può sicuramente seguire è quello di non scegliere colori troppo potenti, come il rosso o il fucsia, ma concentrarsi su palette neutre e tendenti al freddo oppure ai colori pastello. In questo modo si riesce a conferire facilmente un certo stile senza alcuna esagerazione.

La regola del 60-30-10

Colorare Pareti 2

Infine, c’è la regola del 60-30-10, che i designer di tutto il mondo utilizzano da sempre per creare una palette di colori armonica e bilanciata.

Questa regola dice di scegliere 3 colori per il proprio ambiente, e utilizzarli rispettivamente nella misura del 60%, del 30% e del 10%. Il colore dominante è ovviamente quello a cui dedicare lo spazio maggiore, quello ossia che catturerà maggiormente l’occhio e prenderà il centro del palco. Proprio per la sua presenza massiccia, il colore dominante deve essere preferibilmente neutro, o comunque delicato e non troppo acceso.

Poi c’è il cosiddetto colore di supporto, ossia quello a cui si deve dedicare il 30% della palette. Questo colore ha la funzione di supportare il colore dominante e creare un movimento visivo. Proprio per questo, può permettersi di essere più acceso del colore dominante, più vivace e di carattere.

Infine, c’è il colore d’accento, che con uno spazio di appena il 10%, si occupa di mettere in risalto i dettagli e i punti focali della stanza. Questo è il colore con cui si comunica la propria personalità e la propria creatività, e anche quello che risalta maggiormente, proprio per il suo uso misurato.

Per fare un esempio di palette cromatica che segue questa regola, si può scegliere una cucina interamente colorata di verde petrolio (60%), dipingere la parete di bianco (30%) e aggiungere dettagli in oro (10%), come maniglie, rubinetteria, ecc.

I colori del 2025

Il 2025 sarà un anno all’insegna del design, in cui non si deve avere paura di osare, ma in cui è essenziale mantenere l’equilibrio, soprattutto a livello cromatico. Infatti, dagli stili più semplici a quelli più elaborati, mantenere una sobrietà e un’armonia cromatica è essenziale per ottenere i risultati migliori.

Tinte unite

La tinta unita è sicuramente il modo più semplice di dipingere le pareti della cucina. Allo stesso tempo però, è un classico intramontabile, con cui non si sbaglia mai e che può dare un tocco di stile davvero importante all’intero ambiente.

Giallo e arancione

Colori per Pittura

I colori caldi, nelle note del giallo e dell’arancione, stanno prendendo molto piede da qualche anno a questa parte. Riprendendo un po’ lo stile anni ‘70, estremamente colorato e dai toni decisi, il giallo paglierino, l’arancione mandarino e il giallo senape sono sicuramente le tre nuances più gettonate per decorare la propria cucina.

Il primo è un colore neutro, che si abbina bene a molti stili e a molti colori d’arredo. Per esempio, sul giallo paglierino stanno particolarmente bene i dettagli cromati oppure in rosso o blu acceso. Il secondo è invece più deciso e caldo, un colore divertente e che veste la cucina di un’atmosfera più giocosa e meno seria.

L’arancione mandarino si abbina bene ai mobili in teak e alle tonalità pastello, per ricreare uno stile Mid Century, ma anche al legno molto scuro e all’acciaio inossidabile, per uno stile più moderno e audace. Infine, il giallo senape è una scelta estremamente raffinata, che rimanda alle atmosfere del passato e crea da solo uno stile un po’ bohèmien. Questo colore però, se affiancato da dettagli bianchi e legni freddi, è perfetto per ricreare nella propria cucina lo stile nordico.

Rosa

Il rosa è un colore che si utilizzava parecchio nelle cucine del passato, ma che con il passare del tempo ha lasciato il posto al classicissimo bianco. Fermo restando che con il bianco non si sbaglia mai e che questo rimane un colore sempre ottimo, il rosa sta tornando in grande stile. In particolare, il rosa cipria e il rosa nude sono le due scelte più amate per la cucina.

Il rosa cipria è un colore raffinato e delicato, adatto ad uno stile romantico e tranquillo e che si abbina bene a diversi colori. Infatti, lo si può affiancare sia a materiali e colori della terra (marrone, verde) che a nuances più contrastanti (blu, borgogna). Data la sua raffinatezza, il rosa cipria si presta moltissimo all’abbinamento con l’ottone, per un perfetto arredo in stile Mid Century.

Il rosa nude invece è più moderno, e si accosta bene con lo stile scandinavo, con cui crea un bel contrasto. Una cucina di color rosa nude è una scelta audace, ma allo stesso tempo raffinata, perfetta per creare movimento e sorpresa.

Verde

Il verde è da sempre un grande classico in cucina, e anche nel 2025 si riconferma tra i colori più amati in assoluto. A favorirlo così tanto è la sua versatilità, i tanti abbinamenti possibili e il senso di calma e tranquillità che trasmette. Ne sono un esempio il verde pistacchio, il verde salvia e il verde smeraldo. Vivace il primo, neutro il secondo e di carattere il terzo, tutti e tre colpiscono immediatamente l’occhio dell’osservatore e sono in grado di comunicare stili e personalità molto chiaramente.

Con il verde pistacchio si crea un ambiente vivace ed energico, da abbinare a dettagli bianchi per uno stile anni ‘70 o a legni caldi per richiamare lo stile Mid Century.

Con il verde salvia invece, la cucina diventa un ambiente tranquillo e naturale, sereno e chic. A questo colore si abbinano bene elementi metallici e colori in netto contrasto, come il nero, e mobili in legno molto chiaro, in stile scandinavo.

Il verde smeraldo, infine, è perfetto per dare un’ondata di vita e un tocco di lusso alla propria cucina, rendendola una vera chicca. Il verde smeraldo è una meraviglia se abbinato con dettagli in oro, pesca, terracotta e arancioni.

Marrone

Infine, nel 2025 le tonalità del marrone tornano nelle cucine. Non a caso, il colore pantone dell’anno è il Mocha Mousse, proprio una sfumatura di questo colore. Anche in cucina quindi, le tonalità che gli si avvicinano e che conferiscono all’ambiente calore e accoglienza, comfort e ospitalità, vanno per la maggiore. In particolare, queste sensazioni si possono suscitare con il color cappuccino.

Si tratta di un colore che si sposa alla perfezione con i mobili in legno naturale e con elementi d’arredo bianchi, per uno stile scandinavo da catalogo. Se invece si preferisce lo stile industriale, al color cappuccino delle pareti si possono abbinare vetro, metallo e ferro battuto.

Altre decorazioni per la parete della cucina

Decorazioni Pareti

Dipingere le pareti della cucina di un solo colore però, non è l’unica strada percorribile. Infatti, le soluzioni tra cui scegliere sono davvero moltissime. Tra le più interessanti ci sono sicuramente la carta da parati, le piastrelle e le decorazioni tailor made.

La carta da parati sta tornando nelle case di tutto il mondo, dopo anni e anni in cui era stata vista come un elemento da eliminare per sempre. Proprio per il suo grande successo, quindi, in commercio se ne trovano di tantissime fantasie. Dai disegni più classici a quelli più moderni, dalle fantasie più colorate a quelle più sobrie, con la carta da parati si può creare una parete diversa dal solito ed estremamente attuale. Inoltre, grazie alla sua facilità sia di applicazione che di rimozione, la carta da parati permette anche di variare più frequentemente.

Le piastrelle invece sono destinate a rimanere più a lungo dove si posizionano, e rappresentano un’alternativa perfetta alla pittura classica. Anche queste si possono trovare in mille colori e fantasie diverse, in formati e forme tra le più disparate. Sono sicuramente una soluzione facile da pulire, ma anche costosa.

Infine, ci sono le decorazioni tailor made, ossia quelle realizzate appositamente per il proprio spazio. Queste possono essere disegni, forme geometriche o decori, da far realizzare a proprio gusto e con cui ci si può sbizzarrire davvero tanto. Essendo pattern su misura, possono avere un costo elevato, ma garantiscono unicità ed esclusività sia alla cucina che all’intera casa.

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Dove buttare il polistirolo nella raccolta differenziata? 13 Mar 10:57 PM (25 days ago)

La raccolta differenziata è entrata gradualmente nelle nostre vite e, oggi, anche nelle grandi città c’è chi preferisce farla, utilizzando gli appositi cestini differenziati, anche in assenza di un servizio di raccolta porta a porta. Tuttavia, quando bisogna gettare oggetti non comuni (o che comunque non ci trova a gestire tutti i giorni) possono sorgere dei legittimi dubbi: un esempio può riguardare il polistirolo.

Spesso usato per imballaggi, vaschette e contenitori usa e getta, il polistirolo, noto anche polistirene espanso, presenta caratteristiche particolari che, se conosciute, semplificano il suo corretto smaltimento.

Caratteristiche e usi principali

Polistirolo 1

Prima di vedere dove va buttato il polistirolo, può essere utile conoscerne le caratteristiche principali. Il polistirolo è un polimero termoplastico derivato dallo stirene e si riconosce facilmente dalla sigla PS, accompagnata dal codice 6, presente su molti imballaggi alimentari e contenitori. Leggero e resistente agli urti, il polistirolo viene largamente impiegato come materiale da imballaggio per proteggere oggetti sensibili durante il trasporto.

Le sue proprietà di atossicità e la resistenza a funghi e batteri lo rendono ideale anche per la realizzazione di vaschette e contenitori per alimenti, come quelli utilizzati nel food delivery.

Come smaltire correttamente il polistirolo

Quindi, dopo aver visto cos’è il polistirolo e come viene principalmente utilizzato, passiamo alla domanda oggetto di questo articolo: il polistirolo dove va buttato? La risposta è chiara e semplice: il polistirolo va buttato nel bidone della plastica.

Infatti, si tratta di un materiale riciclabile al 100%, ma per consentire agli impianti di riciclo di operare in modo ottimale è necessario che il polistirolo arrivi pulito e privo di residui.

Va anche detto che ogni Comune informa i suoi cittadini su come smaltire correttamente i rifiuti, su quali materiali si possono gettare (e dove) e quali invece bisogna portare all’isola ecologica (in genere quelli ingombranti) o attendere giorni specifici di raccolta per smaltirli. A ogni modo, sul polistirolo la regola comune è che va buttato nella plastica, anche se sembra differire molto da altri oggetti in questo materiale, come giocattoli o utensili non imballati, che invece potrebbero essere destinati all’indifferenziato.

Se però il polistirolo è di grande taglia, come quello usato per proteggere elettrodomestici o grandi imballaggi, allora il Comune potrebbe richiederne il conferimento diretto all’area ecologica. In assenza di un’apposita “isola” di raccolta rifiuti, alcuni enti locali indicano di smaltire il polistirolo ingombrante nel sacco dell’indifferenziato, sebbene la regola generale resti la seguente: per gli imballaggi in polistirolo, il contenitore giusto è quello della plastica.

Cosa fare prima dello smaltimento

Prima di buttare il polistirolo nel bidone della plastica, possono esserci dei casi in cui serve adottare alcuni accorgimenti: ad esempio, se il polistirolo ha contenuto residui di alimenti (nel caso di vaschette per cibi o imballaggi per il gelato) è necessario pulirlo, anche lavandolo con un po’ d’acqua, per rimuovere eventuali contaminanti e agevolarne il processo di riciclo.

A ogni modo, è utile consultare il sito del proprio Comune di residenza o i documenti del servizio di raccolta differenziata locale, per seguire eventuali indicazioni specifiche che, a seconda della zona, potrebbero variare.

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Catene di arredamento low cost: le migliori del 2025 10 Mar 10:14 PM (28 days ago)

Arredare casa, si sa, richiede un grosso budget, non sempre in linea con le proprie capacità economiche. Per questo è essenziale sapere che, oltre ai grandi saloni del mobile, esistono anche catene arredamento low cost che permettono di arredare la propria abitazione spendendo cifre ragionevoli, senza rinunciare alla qualità.

La linea tra le aziende che si limitano a dare prezzi bassi e quelle che mettono alla portata di tutti arredi di qualità a prezzi calmierati è sottilissima, e per non sbagliare è bene conoscere quali sono le migliori catene economiche per arredare casa del 2025.

Ikea

Quando si parla di catene arredamento low cost, non si può non menzionare il colosso svedese Ikea, che rimane una punta di diamante della categoria. Nato dall’idea del suo fondatore, Ingvar Kamprad, il brand è attivo dal 1943 come ditta di vendita per corrispondenza di articoli di uso quotidiano.

Solo con il tempo Ikea si è ingrandito e allargato per diventare quello che tutti noi oggi conosciamo. I suoi mobili economici, da montare a casa in autonomia, hanno fatto della loro versatilità e dello stile nordico che li contraddistingue il loro punto di forza maggiore.

C’è da dire che nel corso degli anni Ikea ha alzato i prezzi dei suoi prodotti, ma al contempo sono aumentati anche i servizi a disposizione dei clienti, la gamma di opzioni e la qualità. Comprare mobili all’Ikea, infatti, non è più visto come un ripiego per chi ha un budget basso, ma una vera e propria scelta stilistica, che ha il grande vantaggio di avere prezzi per tutte le tasche. Oggi Ikea è molto più di un negozio di arredamento, e vi si possono trovare mobili, complementi d’arredo, ma anche accessori per la casa, un ristorante e un’area bimbi.

Non c’è da dimenticarsi, poi, dell’angolo delle occasioni. Questo si trova, solitamente, prima delle casse, e presenta singoli pezzi a prezzi molto bassi, provenienti da resi o che presentano delle piccole imperfezioni. Qui si possono fare dei veri affari.

Jysk

Un’altra catena che sta prendendo parecchio piede in Italia, e che conta più di 3.000 negozi in tutto il mondo, è la danese Jysk. Fondata da Lars Larsen nel 1979, l’azienda aveva inizialmente un nome più lungo.

Sin da subito il potenziale di questo brand si è fatto notare, e in pochi anni sono stati aperti diversi negozi, prima in Danimarca e poi in Europa, arrivando, dal 1992, a raggiungere gli Stati Uniti e il resto del mondo.

A dimostrare che i mobili di questa catena non sono affatto di bassa qualità, nonostante sia decisamente low cost, è il fatto che dal 2010 Jysk è fornitore ufficiale della corona danese.

In Italia Jysk è presente con 79 negozi, sparsi lungo tutto lo Stivale, dove si possono trovare arredi di ogni tipo e di diversi stili. La predilezione rimane comunque quella nordica, con linee semplici e colori pastello, elementi naturali e tanto legno. Anche qui si possono trovare occasioni a tempo limitato o pezzi singoli a prezzi vantaggiosi, ed è possibile arredare la propria casa con mobili di buona qualità senza spendere un occhio della testa.

Mondo Convenienza

Se Ikea è il colosso svedese dell’arredamento low cost, Mondo Convenienza lo è dell’Italia. Già il nome annuncia cosa si può trovare all’interno dei suoi punti vendita, e c’è da dire che mantiene le promesse. A fondare l’azienda fu Giovan Battista Carosi, nel 1985, il quale aprì il primo negozio a Civitavecchia.

L’espansione in tutto il Lazio e nel resto dell’Italia non si fa attendere troppo, e già nel 1994 il marchio è presente su gran parte del territorio nazionale. Nel 2019 invece, arriva la prima apertura all’estero, nella città spagnola di Barcellona.

In Italia ci sono più di 40 punti vendita, sparsi in tutte le regioni, al cui interno si apre un vero e proprio mondo per chi vuole arredare casa spendendo poco. I mobili e i complementi d’arredo che si possono trovare da Mondo Convenienza sono caratterizzati da prezzi bassi e da una varietà incredibile di stili. Si spazia, infatti, dall’industriale al moderno, dal rustico allo shabby chic e via dicendo. La sua importanza in Italia è tale da essere seconda, per numero di vendite, solamente ad Ikea. Inoltre, nei negozi Mondo Convenienza si riceve un’assistenza completa, che va dalla progettazione dell’arredo al montaggio, con un esperto dedicato alla propria pratica.

Tikamoon

Di più recente nascita è Tikamoon, azienda francese nata nel 2008 a Lille, grazie allo spirito di un piccolo gruppo di artigiani. I negozi fisici di Tikamoon si trovano solamente in Francia, e nello specifico a Lille, a Parigi e a Marsiglia. Il loro shop però consegna in tutto il mondo, e i prodotti del brand si possono trovare all’interno di vari negozi di grande distribuzione.

Il punto di forza di questa catena è l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Avere un basso impatto sull’ambiente è il concept base da cui parte tutto quanto, e che garantisce ai clienti una qualità elevatissima dei prodotti. Questi infatti sono realizzati in legno massello, che richiede una lavorazione minima e permette di utilizzare pochissima energia per la produzione. Inoltre, il massello è un legno durevole e che si può riparare facilmente.

Una particolarità dei mobili Tikamoon, è che vengono consegnati già montati. Questo è possibile grazie all’assemblaggio, realizzato con tecniche che non prevedono l’uso di viti, buchi, ecc. (tranne che per maniglie e piedini, da montare in autonomia).

L’occhio alla sostenibilità si nota anche nella scelta del brand di non realizzare collezioni stagionali, mentre la qualità dei prodotti è garantita per 5 anni, durante i quali l’azienda fornisce pezzi e ricambi in caso di danneggiamenti. Inoltre, su ogni mobile è presente una grafica di 4 foglie, che indica le prestazioni ambientali e permette di scegliere i prodotti in modo più consapevole.

Deghi Shop

Tornando in Italia, non si può non menzionare Deghi Shop tra le catene di arredamento low cost migliori del 2025. Questo marchio italiano è nato nel 2011 dall’idea del giovane leccese Alberto Paglialunga.

Inizialmente Deghi Shop era un e-commerce specializzato in prodotti per l’arredo del bagno, del giardino e di pochi altri elementi d’interno. Grazie ad un lavoro ben strutturato e alle strategie giuste però, il sito in poco tempo ha avuto un grande successo, e oggi compare tra i primi risultati di qualsiasi ricerca inerente agli arredi low cost in Italia.

Il punto di forza di Deghi Shop è sicuramente la sua assistenza, e non è un caso che la prima cosa che si vede entrando nel sito è proprio il numero di telefono per parlare con un operatore. Deghi Shop, quindi, mette il valore umano al centro dei processi, e le recensioni lo confermano. I riconoscimenti arrivano nel 2018, quando Deghi vince il premio “Insegna dell’anno”, e nel 2019, quando è vincitore del premio “Insegna web dell’anno”.

I prodotti di Deghi presentano la qualità tipica della produzione italiana, mantenendo prezzi abbordabili e adatti a tutte le tasche, spaziando oggi molto di più rispetto a quando il brand ha iniziato il suo lavoro. Il bagno rimane ancora l’ambiente più importante per Deghi Shop, e sull’e-commerce si possono trovare soluzioni di tutti i tipi, dai sanitari alla doccia, ai mobiletti. Grande risalto è dato, però, anche ad altri ambienti, come il giardino.

Conforama

Dalla Francia arriva invece Conforama, una catena di arredamento low cost che nasce nel 1967 dall’unione di 8 magazzini indipendenti specializzati in mobili. Dopo aver aperto la sua prima sede a Lione, il gruppo si espande, e attualmente conta più di 240 punti vendita in Francia, e più di 50 sparsi per l’Europa.

In Italia Conforama è presente con 19 punti vendita, e offre prodotti dallo stile italiano e di buona qualità. Qui si possono trovare sia mobili che elettrodomestici, sia biancheria che decorazioni varie, ma la punta di diamante del catalogo sono senza dubbio i divani.

Il rapporto qualità-prezzo è davvero notevole, e anche nei punti vendita Conforama si può chiedere l’assistenza di un interior designer per progettare il proprio arredo al meglio e scegliere gli elementi migliori.

A caratterizzare maggiormente l’offerta di Conforama è la forte identità che acquisisce in ogni singolo Paese in cui opera. Infatti, nei negozi italiani lo stile tricolore è preponderante rispetto agli altri, che comunque si possono trovare con diverse soluzioni.

Kave Home

Un brand di valore, che in Italia inizia a far parlare di sé e che merita attenzione, è lo spagnolo Kave Home. A fondare il marchio fu Francesc Julià, tornitore di professione, nel 1983, quando aveva appena 22 anni.

Nato come distributore locale di articoli per il riposo, oggi Kave Home è presente in più di 80 Paesi in tutto il mondo, ed è uno dei leader nella creazione e distribuzione di mobili e complementi d’arredo per tutta la casa, ovviamente low cost. A rendere speciale Kave Home è la versatilità dei suoi arredi, che si adattano facilmente ai diversi ambienti della casa.

Gli stili che il brand propone sono i più disparati, e hanno un design innovativo e moderno, anticonformista e sbarazzino. Inoltre, Kave Home tiene molto alla sostenibilità, e si impegna al massimo per assicurarsi di impattare il meno possibile sull’ambiente. Infatti, uno degli obiettivi che il brand vuole perseguire riguarda l’eliminazione della plastica da tutti i suoi negozi e da tutti i tipi di imballaggi.

Non solo, Kave Home seleziona attentamente i suoi partner, e sceglie solamente quelli che rispettano i processi di lavorazione manuale e che producono, quindi, mobili sostenibili. I materiali dei prodotti sono da un lato naturali e provenienti da abbattimenti controllati (legno massello, iuta, rattan, cotone biologico), dall’altro riciclati.

Sklum

Sklum è un brand spagnolo nato nel 2017 dalla sinergia di un gruppo di “giovani appassionati e visionari”, come si legge anche sul sito ufficiale. Dopo appena 8 anni, Sklum è presente già in 10 Paesi nel mondo, e i suoi prodotti si possono trovare online sia sul sito ufficiale che su rivenditori multimarca. Lo stile che caratterizza questo brand è fresco, giovanile e anche un po’ audace e sbarazzino.

Alla base dei mobili e dei complementi d’arredo di Sklum c’è la volontà di creare qualcosa di unico e personale, che unisca un design accattivante a una funzionalità necessaria. Infatti, un mobile di design non necessariamente deve essere inutile, e non necessariamente un mobile funzionale deve essere senza uno stile definito.

Sklum, essendo un’azienda molto giovane, si presenta anche molto attenta all’ambiente e alla tecnologia: sia i progetti che i processi di produzione sono al passo coi tempi e sostenibili e inclusivi.

Riguardo i cartellini e il rapporto qualità-prezzo, da Sklum si trovano prodotti di qualità a costi contenuti, adatti a ogni budget e a ogni stile ed esigenza.

Maisons du Monde

Infine, merita di essere inserita tra le catene di arredamento low cost anche Maisons du Monde, nonostante i suoi prezzi non siano come quelli di altre catene già nominate. Quello che è certo però, è che nei negozi Maisons du Monde si possono trovare affari e occasioni sia durante i saldi classici, che nei periodi di rinnovo dei punti vendita e di svuotamento del magazzino. In queste occasioni tantissimi articoli vengono scontati anche oltre il 50%, permettendo di comprarli a prezzi convenientissimi.

La storia di Maisons du Monde inizia nel 1996, quando Xaver Marie apre i primi quattro negozi in patria. Il concept alla base del suo marchio è l’idea di raccontare il mondo attraverso l’arredamento. Per questo, nei negozi Maisons du Monde si possono trovare stili che rimandano a tanti Paesi diversi, sia nel mobilio che nei complementi d’arredo.

Il successo è talmente grande che dopo soli 7 anni Maisons du Monde apre il primo negozio fuori confine, in Spagna. Nel 2006 il sito sbarca online, e nel 2007 arriva in Italia il primo store.

A caratterizzare i mobili e i complementi d’arredo di questo brand sono i suoi tanti stili, estremamente descrittivi ed evocativi di altri Paesi nel mondo. Grazie alle tantissime chicche che si trovano sia online che nei punti vendita, si può portare in casa propria la moda, lo stile e le tendenze del mondo intero, non sempre a prezzi inarrivabili per chi ha un budget da tenere d’occhio. Va precisato e ricordato, però, che se molti prodotti sono sicuramente low cost, soprattutto in alcuni periodi, altri ne sono ben lontani.

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